Post by AndreaMPost by ArcobalenoPost by ArcobalenoQuindi posso generalizzare e dire che siccome i RAZIONALI non sono
completi, ecco che sono non sono connessi.
Come già ti ho detto precedentemente, pensare alla connessione in
termine di completezza è fuorviante.
Ma è ovvio. Io ho capito benissimo che quelle definizioni sono
astrazioni e generalizzazioni. Piuttosto io sto cercando di capire
attraverso gli esempi più o meno a cosa di intuitivo possiamo provare
ad agganciarci anche temporaneamente per poi sentire noi stessi
l'esigenza di generalizzare.
Se questo non si fa(è un mio punto di vista) si può rischiare di
tramandare una definizione che viene accettata come tale, usata, e mai
capita a fondo, perché non si capisce più o meno cosa c'è di intuitivo
che ha condotto a quella astrazione generalizzazione.
Per dirla più semplicemente, io mi metto nei panni di coloro che hanno
elaborato quella definizione, e a cosa avevano in mente di intuitivo
che poi hanno formalizzato. Con questo non è che uno si voglia mettere
alla pari del matematico passato alla storia, ma deve pur sempre
capire la logica profonda che ha condotto quel matematico a
formalizzare generalizzando in quel modo. E a mio parere un modo è
provare a fare tanti esempi e vedere cosa c'è di intuitivo, e con
graduali agganci ed applicazioni si dovrebbe pervenire non solo ad
aver capito la definizione ma a poterla padroneggiare in modo
disinvolto.
Post by AndreaML'insieme (in R) [0,1] unione [2,3] è completo
E questo hai fatto bene a dirlo perché così mi dai la possibilità di
sgombrare il campo da equivoci. Io non intendevo la completezza nel
senso generalizzato del termine.
Tu fai però giustamente(perfetto) notare che una volta noi UNIAMO due
insiemi completi, ecco che abbiamo un insieme completo.
Questo è un livello di astrazione che per te appare banale ma è un
passo avanti non da poco. Cioè, il fatto di cominciare a perdere di
vista i reali che immaginiamo in sequenza e cominciare invece a
prendere insiemi di reali, unirli, e capire che abbiamo ancora un
insieme che mantiene certe proprietà.
Post by AndreaMma non è connesso.
Ma infatti! Ed è questo su cui stavo insistendo un pochino io. Cioè tu
hai fatto questo esempio, io ho parlato dei naturali, poi ho fatto
l'esempio dei razionali che se li togli via da un insieme di reali,
ecco che crei dei buchi e quindi mancando i razionali l'insieme non è
connesso.
Se non lo intuisco così in che altro modo lo potrei intuire?
E' come se da quell'unione dell'esempio sopra, io togliessi sqrt2, ed
ecco che quell'insieme non sarebbe più connesso.
E se elimino un razionale, ecco che non è più connesso, ecco: [1, 2) U
(2, 3].
Ho eliminato il numero 2, ho tolto un razionale e l'insieme non è più
connesso.
Altro esempio [1, sqrt 2) U ( sqrt2, 8]. Qui ho eliminato sqrt 2, e
l'insieme non è più connesso.
Come vedi questo insieme NON è completo e NON è neppure connesso.
E allora, se le cose stanno così, si capisce pure perché quando tu
parli di un pezzo intero che è semplicemente connesso, ed è una idea
intuitiva giusta, ecco che stiamo prendendo come qualcosa di continuo
il piano(in questo caso) che rimane qualcosa di continuo fino a che
usiamo TUTTI i reali di quella porzione di piano(o di intervallo
monodimensionale). Appena si toglie via qualche un reale, che può
esssere un intero, un razionale, un irrazionale, insomma un reale
qualsiasi, ecco che si crea il buco e l'insieme non è più connesso.
Quindi io mettevo in relazione la completezza con l'idea intuitiva(è
stato Dedekind a fare questa cosa no io:)) di continuità.
Ora a me sembra(poi correggetemi se sbaglio, magari la astrazione è
andata oltre e io non ne sono al corrente) che si possa partire
pensando in questo modo. In pratica tu intuitivamente parlavi del
pezzo tutto intero. Io non ho fatto altro che pensare questo: di cosa
è fatto un pezzo tutto intero? E' fatto di tutti i reali. E se tolgo
qualche reale il pezzo è ancora intero? No, il pezzo non è più intero.
Ora, io non lo so se sta cosa intuitiva può essere solo un caso
particolare o meno, ma a prima vista mi sembra un modo intuitivo buono
per avvicinarsi meglio al concetto di connessione. Poi è ovvio che
bisogna andare oltre e non ci si può fermare all'intuizione e basta:
questo lo do per scontato.
Post by AndreaMPost by ArcobalenoQuindi noi potremmo assumerla questa idea di continuità pensando ad un
sottoinsieme dei reali, che come tali sono connessi: in fondo
intuitivamente l'idea di connessione deriva da quella di continuità.
Io non la penso così. Anche perché non esiste una nozione generale di
"spazio continuo".
Non sto parlando di spazio in senso di STRUTTURA, tipo di spazio
topologico continuo, assolutamente no. Sto parlando di spazio connesso
o compatto come da definizione.
E per quanto riguarda il concetto vago di continuità, mi riferisco al
modo intuitivo, come al pezzo tutto intero, con la differenza che ho
messo in corrispondenza biunivoca la retta reale con i numeri reali.
Se tolgo un qualsiasi reale, si crea una sconnessione nella retta.
Quindi, la continuità in certo senso me la assicura l'insieme dei
reali. Questo è il ragionamento di Dedekind per chiarire cosa doveva
essere pensato in termini di continuo, quando lui e altri notavano che
del continuo ognuno si faceva la propria idea.
Se poi le cose nel frattempo sono cambiate alla radice, io
sinceramente non lo so. Ma da quelle definizioni e dai relativi esempi
a me non sembra.
Vedi tu:)
Post by AndreaMPost by ArcobalenoIl concetto di compattezza se ho capito bene(lo leggo anche dai libri)
è stato elaborarto per estendere il teorema di Weierstrass
sull'esistenza del massimo o del minimo di una funzione continua.
Non so se uno storico della topologia possa essere d'accordo su questa
affermazione o storcere il naso.
Hai ragione, ed anzi scusami. E' che io non rileggo quello che scrivo
e a volte sbaglio. Volevo dire che l'idea di compattezza ci serve
anche per quello.
Bottazzini dice che l'analisi funzionale nacque dalla teoria spettrale
di Hilbert, dalla tesi di dottorato di Frechet sulla topologia, dalle
idee di Fredholm, e da Lebesgue.
Ed in quel capitolo dedicato all'analisi funzionale(che non ho rivisto
per ora) Bottazzini fa riferimento alla topologia. Penso che sia stato
quello il periodo, come dici tu qui di seguito.
Non credo che sia la tua idea e basta ma sia proprio andata così.
Post by AndreaMLa mia idea personale (ma magari mi
sbaglio) è che una grossa motivazione ad una formalizzazione della
topologia sia stata l'esigenza di trattare rigorosamente gli spazi
lineari di dimensione infinita (spazi di Banach, di Hilbert).
Certo è che il teorema di weierstraas diventa un caso speciale del
teorema generale che l'immagine di un compatto per una funzione
continua è un compatto.
Ecco, questo a mio parere aiuta a capire a cosa può servire, ed è un
primo aggancio anche intuitivo, anche per creare la motivazione ad
apprendere un concetto piuttosto ostico. E pian piano si capisce
sempre meglio. Ma tu queste cose le sai, non è che te stia dicendo.
Semplicemente le ribadisco, anche perché parliamo pubblicamente.
Post by AndreaMQuando parli tu, forse. :-)
In realtà le definizione, le situazioni, i contesti sono ben più
generali di quelle associabili alla retta reale o agli spazi lineari
reali di dimensione arbitraria.
E lo so:) Ed è per questo che il thread ha ispirato Josh che ne ha
aperto un altro che è ben più specialistico infatti:))
Non sono il tipo di chiedere cose banali io:))
Post by AndreaMPost by Arcobaleno......non è che la compattezza includa la
connessione?
Cioè non è che un insieme compatto è anche automaticamente connesso?
In riferimento al dominio della funzione continua intendo.
No: tanto per rimanere nei reali il sottoinsieme
[0,1] unione [2,3] è compatto (è chiuso e limitato), ma non è
certamente connesso. Viceversa, l'intervallo aperto (0,1) è connesso,
ma non è compatto.
Qui ti devo confessare che ero alla fine ed ero stanco, e mi è venuta
questa idea e l'ho buttata lì. Però secondo me qualcosa ci deve
essere:))
Prendiamo una funzione continua. Poi prendiamo uno spazio topologico
compatto che fa da dominio di questa funzione.
Ora(non è per insistere ma per amore di matematica che parlo:)) se io
prendo la parte del dominio [0, 1] U [ 2, 3] e tramite una funzione
continuo vado a vedere l'immagine, ottengo una immagine sconnessa. Lo
dice pure la definizione. Figurarsi se il grafico della funzione sia
continuo.
Qui a mio parere prima di continuare è mettersi d'accordo su cosa
dobbiamo intendere per funzione continua. Cioè se dobbiamo limitarci a
pensare alla legge PRIMA che venga applicata, oppure alla
TRASFORMAZIONE avvenuta a partire da un determinato dominio.
Se ci limitiamo alla legge, è ovvio che il compatto viene trasformato
in compatto, connesso in connesso ecc.
Ma se prendo l'insieme di definizione, il dominio, anche se la la
legge mi assicura la continuità della trasformazione(io la chiamo
così) poi devo andare a vedere se ho ottenuto un grafico continuo o
meno.
Ecco, chiariamo questo punto.
Ora io ho pensato come segue. Se noi partiamo da una legge che ci
assicura una trasformazione continua e la applico su un dominio che
NON è connesso, come quello che hai fatto tu nell'esempio, non posso
mica ottenere l'immagine connessa. E tanto meno otterrò NELLA
TOTALITA' della INTERA trasformazioe, cioè considerando tutto il
dominio, cioè l'UNIONE di quei due insieme, una funzione continua.
Ora, se le cose stanno così(ma non voglio insistere, mi farai sapere
tu) quando un dominio è compatto, e questa compattezza viene applicata
per estendere il teorema di Weierstrass(il massimo, il minimo) per
poter parlare di(SOLO NEL CASO DELLE FUNZION) di massimo e minimo
assicurati tramite una trasformazione continua, parlo di un dominio
formato da un insieme di definizione compatto.
Ora, mi chiedo, come è possibile avere massimo e minimo assicurati se
quell'insieme non è pure connesso? Cioè penso che ci sarebbero dei
punti di discontinuità. Ora posso anche pensare che un punto di
discontinuità sia la mancanza di 1 dal dominio, cioè per x =1 io trovo
una dicontinuità.
Esempio [0, 1) U (1, 2] questo è il dominio di f(x) intesa come legge
che assicura la trasformazione di tutti i punti del dominio in
relative immagini del codominio.
Questo NON è compatto, perché i compatti per quanto riguarda i reali
sono gli insiemi chiusi e limitati(non sto generalizzando, mi fermo ai
reali e ai dominii). Ora se unisco due insiemi chiusi e limitati
dovrei ottenere un compatto, cioè l'unione di due compatti mi dovrebbe
dare un compatto. Se unisco due NON compatti, dovrei ottenere un NON
compatto.
Ecco che qui sopra vedo prima di tutto un insieme NON compatto, che è
tale perché è sconnesso. Sto pensando al teorema di Weierstrass.
Cioè come faccio a pensare al massimo nel punto singolare 1 che
potrebbe benissimo essere(dipende dalla legge di trasformazione) un
Sup o un Inf ma non appartenente all'insieme? Ecco che non mi assicura
la presenza del massimo o del minimo probabili in quel Sup o Inf.
E allora devo rendere compatto quel dominio includendo 1. Ma così
facendo diventa anche connesso.
Ora io, sinceramente non lo so se v'è una relazione tra compattezza e
connessione. Però di sicuro che v'è una relazione tra compattezza e
continuità della funzione e connessione e continuità della funzione.
Cose che si notano anche dalla definizione.
Quindi il mio cervello sta applicando la proprietà transitiva:))
Non sto generalizzando, sto pensando alle funzioni. Tu hai sicuramente
più familiarità di me(come tanti altri) con questi temi e quindi puoi
risolvere immediatamente il mio interrogativo.
Ciao
A.