Discussione:
Connessione e compattezza
(troppo vecchio per rispondere)
Arcobaleno
2009-10-20 09:09:53 UTC
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Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.

Vi andrebbe di spiegare con vari esempi cosa è un insieme connesso e
quale non lo è? Quale è un insieme compatto e quale non lo è?

Poi alla fine(io mi escludo) tutti i partecipanti potranno valutare la
spiegazione più chiara. Ovviamente una spiegazione che usi la
definizione(che non riporto) rigorosa, ma che però dovrà avere il
pregio di rendere con esempi molto chiari il concetto stesso di
connessione e compattezza.

Non si vince nulla, ma forse un po' di stima da parte degli altri
potrebbe essere un buon premio:))
AndreaM
2009-10-20 09:32:08 UTC
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Post by Arcobaleno
Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.
Vi andrebbe di spiegare con vari esempi cosa è un insieme connesso e
quale non lo è? Quale è un insieme compatto e quale non lo è?
Poi alla fine(io mi escludo) tutti i partecipanti potranno valutare la
spiegazione più chiara. Ovviamente una spiegazione che usi la
definizione(che non riporto) rigorosa, ma che però dovrà avere il
pregio di rendere con esempi molto chiari il concetto stesso di
connessione e compattezza.
Non si vince nulla, ma forse un po' di stima da parte degli altri
potrebbe essere un buon premio:))
DEFINIZIONE:
Uno spazio topologico S si dice connesso se non esiste alcuna
decomposizione S=A unione B con A e B aperti non vuoti disgiunti.
Un sottoinsieme X di S si dice connesso se lo è nella topologia
indotta.

ESEMPI/TEOREMI (in ordine sparso)
1. Q non è connesso
2. R^n è connesso per ogni n
3. Gli intervalli aperti o chiusi di R sono connessi (incluse le
semirette)
4. Le sfere S^n sono connesse per ogni n>0
5. Se S e T sono connessi allora SxT è connesso
6. L'immagine di uno spazio connesso mediante una funzione continua è
connessa

-------------------------------------------

DEFINIZIONE:
Uno spazio topologico S è compatto se da un arbitrario ricoprimento di
S in aperti se ne può estrarre un ricoprimento finito.
Un sottoinsieme X di S si dice compatto se lo è nella topologia
indotta.

ESEMPI/TEOREMI (in ordine sparso)
1. R non è compatto
2. I compatti di R^n sono i sottoinsiemi chiusi e limitati.
3. Data una famiglia arbitraria di spazi topologici compatti, il loro
prodotto è compatto
4. Ogni successione in uno spazio compatto ammette una
sottosuccessione convergente
5. L'immagine di un compatto mediante una funzione continua è compatta
Arcobaleno
2009-10-20 15:12:56 UTC
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On 20 Ott, 11:32, AndreaM <***@unito.it> wrote:
Prima di tutto ringrazio te, Simone, Magister, Josh e altri che spero
arriveranno a dare una mano.

Questo(chimiamolo gioco) a mio parere ci può servire per vedere come
fare per spiegare le definizioni rigorose. Alla fine tutti i
partecipanti(io mi escludo) voteranno la spiegazione che a loro parere
è più comprensibile(senza votare per se stessi).
Il gioco è bello perché chi partecipa nel dare definizioni e
chiarimenti utleriori per poter votare deve dare egli stesso
definizione rigorosa, esempi, chiarimenti.

Quindi non arriva nessuno e dice:tu spieghi bene, tu meglio ecc ecc.
Solo chi entra, spiega, chiarisce, vota per l'altro.

Io, siccome ho lanciato l'idea, non darò alcuna definizione e
spiegazione, e di conseguenza non darò alcun voto: e ci mancherebbe
che mi mettessi pure a votare:))

Quello che posso fare, sperando di fare qualcosa di utile per il
gioco, è dire(visto che ci sono state domande specifiche a cui
risponderò) in che senso bisognerebbe fare esempi per far capire
meglio.

Diciamo che farò la parte dello studente, che arrivato al punto da
poter capire queste spiegazioni(quello è il punto di partenza), se le
ritrova a lezione e chiede qualche chiarimento.

Quindi, permettimi, col massimo della stima e del rispetto di
cominciare da te(perché sei stato il primo a rispondere). Poi, anche
altri potranno chiedere ulteriori chiarimenti come è ovvio che sia.

Poi alla fine, quando più o meno nessuno ha più da chiedere nulla su
ogni spiegazione ed è tutto chiaro si vota.

Allora io ora faccio finta di aver ricevuto il aula questa spiegazione
che tu hai dato, che magari posso ritrovare pure sul libro e ti chiedo
dei chiarimenti per poter capire meglio. Quando vorrai rispondere
siamo tutti qui. E' un gioco, un po' di competizione, ma niente
polemiche o cose del genere:))
Post by AndreaM
Uno spazio topologico S si dice connesso se non esiste alcuna
decomposizione S=A unione B con A e B aperti non vuoti disgiunti.
Un sottoinsieme X di S si dice connesso se lo è nella topologia
indotta.
ESEMPI/TEOREMI (in ordine sparso)
1. Q non è connesso
2. R^n è connesso per ogni n
3. Gli intervalli aperti o chiusi di R sono connessi (incluse le
semirette)
4. Le sfere S^n sono connesse per ogni n>0
5. Se S e T sono connessi allora SxT è connesso
6. L'immagine di uno spazio connesso mediante una funzione continua è
connessa
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Post by AndreaM
-------------------------------------------
Uno spazio topologico S è compatto se da un arbitrario ricoprimento di
S in aperti se ne può estrarre un ricoprimento finito.
Un sottoinsieme X di S si dice compatto se lo è nella topologia
indotta.
ESEMPI/TEOREMI (in ordine sparso)
1. R non è compatto
2. I compatti di R^n sono i sottoinsiemi chiusi e limitati.
3. Data una famiglia arbitraria di spazi topologici compatti, il loro
prodotto è compatto
4. Ogni successione in uno spazio compatto ammette una
sottosuccessione convergente
5. L'immagine di un compatto mediante una funzione continua è compatta
In che senso R non è compatto? Può approfondire facendo degli esempi
su intervalli di R? Perché i sottoinsiemi chiusi e limitati di R^n
sono compatti di R^n?

Sinceramente non ho capito bene.

Grazie!
Joubert
2009-10-20 15:36:19 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Risposta "pensaci da solo". Un professore di matematica, (come anche un
libro di matematica) può e deve dire la verità e nient'altro che la
verità, ma non TUTTA la verità. La matematica si impara dedicandoci
pensiero, non chiedendo a qualcun altro dopo averci pensato 5 secondi.
Arcobaleno
2009-10-20 16:19:50 UTC
Permalink
Post by Joubert
Post by Arcobaleno
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Risposta "pensaci da solo". Un professore di matematica, (come anche un
libro di matematica) può e deve dire la verità e nient'altro che la
verità, ma non TUTTA la verità.
Ok, va benissimo questa è la tua risposta a quelle domande. Poi
riceverai il voto degli altri:)))

Ciao
A.
Neo
2009-10-20 15:48:55 UTC
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Post by Arcobaleno
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Basta pensare a come è fatto Q!
Post by Arcobaleno
In che senso R non è compatto? Può approfondire facendo degli esempi
su intervalli di R? Perché i sottoinsiemi chiusi e limitati di R^n
sono compatti di R^n?
Riesci a ricoprire con un numero finito di insiemi R? E R^n? E invece
l'intervallo [a,b]?
Post by Arcobaleno
Sinceramente non ho capito bene.
Grazie!
--
Ciao Neo
Arcobaleno
2009-10-20 16:31:12 UTC
Permalink
Post by Neo
Post by Arcobaleno
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Basta pensare a come è fatto Q!
Ok. Q è incompleto, non ha gli irrazionali. Ma un intervallo su Q ha
punti di accumulazione, Q è denso.

E' in questo senso che Q non è connesso?
Cioè devo pensarlo manchevole di una infinità di numeri(gli
irrazionali) e quindi ecco che non è connesso?

Cioè se metto i reali in corrispondenza biunivoca con la retta, avrò i
corrispondenti punti che rendono la retta qualcosa, diciamo di
"continuo".

Ora se elimino gli irrazionali, elimino dei punti della retta, cioè
rimangono solo i punti (chiamiamoli) Q. Quindi questi punti sono
sconnessi tra loro.

E' così?
Cioè devo pensare tra un razionale e l'altro dovrebbe esservi un
irrazionale, ma siccome non c'è ecco che i punti di Q sono sconnessi,
cioè separati, cioè NON connessi.
Post by Neo
In che senso R non è compatto? Può approfondire facendo degli esempi
Post by Arcobaleno
su intervalli di R? Perché i sottoinsiemi chiusi e limitati di R^n
sono compatti di R^n?
Riesci a ricoprire con un numero finito di insiemi R? E R^n? E invece
l'intervallo [a,b]?
R è infinito, quindi non riesco a ricoprirlo con un numero finito di
intervalli LIMITATI.

[a, b] riesco a ricoprirlo.

Però perché non riesco a ricoprire (a, b) per esempio?

Puoi aiutarmi?

Ciao e grazie:)
A.
Josh
2009-10-20 16:36:13 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Post by Neo
Post by Arcobaleno
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Basta pensare a come è fatto Q!
Ok. Q è incompleto, non ha gli irrazionali. Ma un intervallo su Q ha
punti di accumulazione, Q è denso.
E' in questo senso che Q non è connesso?
Cioè devo pensarlo manchevole di una infinità di numeri(gli
irrazionali) e quindi ecco che non è connesso?
Cioè se metto i reali in corrispondenza biunivoca con la retta, avrò i
corrispondenti punti che rendono la retta qualcosa, diciamo di
"continuo".
Ora se elimino gli irrazionali, elimino dei punti della retta, cioè
rimangono solo i punti (chiamiamoli) Q. Quindi questi punti sono
sconnessi tra loro.
E' così?
Cioè devo pensare tra un razionale e l'altro dovrebbe esservi un
irrazionale, ma siccome non c'è ecco che i punti di Q sono sconnessi,
cioè separati, cioè NON connessi.
Post by Neo
In che senso R non è compatto? Può approfondire facendo degli esempi
Post by Arcobaleno
su intervalli di R? Perché i sottoinsiemi chiusi e limitati di R^n
sono compatti di R^n?
Riesci a ricoprire con un numero finito di insiemi R? E R^n? E invece
l'intervallo [a,b]?
R è infinito, quindi non riesco a ricoprirlo con un numero finito di
intervalli LIMITATI.
[a, b] riesco a ricoprirlo.
Però perché non riesco a ricoprire (a, b) per esempio?
Puoi aiutarmi?
Non è che non riesci a ricoprirlo è che ci sono dei ricoprimenti aperti
dai quali non puoi estrarni di finiti. Pensa ad esempio al ricoprimento
di (a,b) costituito dalla successione di intervalli (a +1/n,b -1/n).
L'unione di tali intervalli di dà (a,b), ma per ogni n\in N ottieni
(a+1/n, b-1/n) incluso strettamente in (a,b).

Ciao.
Neo
2009-10-20 16:43:00 UTC
Permalink
On 20 Ott, 18:31, Arcobaleno <***@freemail.it> wrote:

Per Q ti hanno risposto (Josh)
Post by Arcobaleno
R è infinito, quindi non riesco a ricoprirlo con un numero finito di
intervalli LIMITATI.
Chiaramente non prendi R come insieme per ricoprire se stesso
(altrimenti tutti gli spazi sarebbero compatti).
Post by Arcobaleno
[a, b] riesco a ricoprirlo.
Però perché non riesco a ricoprire (a, b) per esempio?
Certo, proprio perché è aperto. Comunque prendi una collezione di
sottoinsiemi di (a,b) non riuscirai mai a ricoprirlo, infatti basta
spostarsi di un epsilon > 0 ma piccolo a piacere che trovi un insieme
che non avevi considerato.

Chiaramente anche [a,b) non è compatto. Morale in R (o R^n) i compatti
sono i chiusi e limitati.

Chiaro che se pensi a R* completo allora quello è diffeomorfo a S^1 e
quindi è compatto (si parla appunto di compattificazione)
Post by Arcobaleno
Puoi aiutarmi?
Ci ho provato
Post by Arcobaleno
Ciao e grazie:)
A.
--
Ciao Neo
Arcobaleno
2009-10-20 17:07:33 UTC
Permalink
Post by Neo
Post by Arcobaleno
Però perché non riesco a ricoprire (a, b) per esempio?
Certo, proprio perché è aperto. Comunque prendi una collezione di
sottoinsiemi di (a,b) non riuscirai mai a ricoprirlo, infatti basta
spostarsi di un epsilon > 0 ma piccolo a piacere che trovi un insieme
che non avevi considerato.
Quindi R non lo posso ricoprire perché è un insieme ILLIMITATO ed io
devo considerare solo insiemi limitati e chiusi.
L'intervallo [a,b] ovviamente lo posso ricoprire.

L'intervallo aperto invece(da un lato o dall'altro o da entrambi i
lati) vede in a e b due punti di accumulazione a cui posso avvicinarmi
con una infinità di intorni, e questi intorni sono appunto una
infinità. Cioè posso pensare di avvicinarmi ad a (o b) con continue
approssimazioni di intorni(intervalli piccoli a piacere). Ma saranno
sempre una infinità di intervalli che andrebbero a ricoprire (a,b).

Ma noi abbiamo detto che l'intervallo è compatto se lo possiamo
ricoprire con un numero FINITO di intervalli.


Ora però mi vengono dei dubbi.

In [a,b] io ho una infinità di punti di accumulazione. Tuttavia riesco
a ricoprirlo. Perché?

Forse abbiamo scelto un esempio sbagliato?

Come posso pensare alla compattezza in modo, diciamo, più intuitivo?

Non è che è qualcosa di simile ad un insieme perfetto?
Cioè un insieme che contiene tutti i suoi punti di accumulazione?

Dire che [a,b] è compatto è come dire che è perfetto e cioè che
contiene tutti i suoi punti di accumulazione?

In questo modo capisco per esempio subito perché [a.b] è compatto,
mentre (a,b) NON è compatto.

Ora, oltre al fatto che parliamo di chiusi e limitati come insiemi
compatti, dobbiamo dedurne che gli insiemi aperti e limitati non sono
compatti. E questo perché non hanno come punti interni gli estremi.

Questo si riconduce al concetto di massimo e minimo?
Un intervallo del tipo [a,b) NON è compatto, perché è aperto a destra,
e quindi b non è interno all'intervallo, quindi questo intervallo NON
ha massimo.

Quindi comincio a dedurne che gli intervalli compatti hanno massimo e
minimo, mentre gli altri possono mancare del massimo e del minimo o
del massimo oppure del minimo.

Cioè sto ora cercando di capire a cosa mi serve questa nozione di
compattezza in analisi.

E' giusta la via di pensare al massimo e al minimo?

Ciao
A.
AndreaM
2009-10-20 22:19:11 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Professore, può fare degli esempi, chiarendo , in che senso Q non è
connesso ed R^n è connesso? Così posso capire meglio.
Q non è connesso perché è possibile ottenerlo come unione di due suoi
aperti non vuoti e disgiunti.

Ad esempio, gli insiemi
A={x in Q tali che x<sqrt(2)} e
B={x in Q tali che x>sqrt(2)}
sono aperti in quanto intersezione di Q con delle semirette reali
aperte (definizione di topologia indotta), sono non vuoti (ovvio),
disgiunti (ovvio anche questo) e la loro unione è tutto Q in quanto
sqrt(2) non è razionale.

La connessione di R, e più in generale di R^n, è un teorema non ovvio
(la cui dimostrazione preferirei non dover scrivere qui).

Come idea intuitiva, si deve pensare che per uno spazio l'essere
connesso dovrebbe essere un rendere preciso il senso di essere "fatto
di un unico pezzo".

Allora si può notare che R^n gode della seguente proprietà: dati
comunque P, Q in R^n è possibile trovare un cammino continuo che
congiunge P a Q. Uno spazio che gode di tale proprietà è detto
"connesso per archi" e dovremmo aspettarci che uno spazio connesso per
archi è anche connesso (ed infatti questo è un teorema, anche se per
dimostrarlo occorre dimostrare prima la connessione dell'intervallo
chiuso [0,1] di R).

Parlando di connessione per archi, vale la pena osservare che in Q gli
unici cammini continui sono quelli costanti e questo dovrebbe farci
intuire che ogni sottoinsieme di Q che contiene più di un punto non è
connesso.
Post by Arcobaleno
Post by AndreaM
-------------------------------------------
In che senso R non è compatto? Può approfondire facendo degli esempi
su intervalli di R? Perché i sottoinsiemi chiusi e limitati di R^n
sono compatti di R^n?
Sinceramente non ho capito bene.
R non è compatto nel senso che non soddisfa la definizione di
compattezza! :-)

Infatti è possibile trovare ricoprimenti di R in aperti da cui non è
possibile estrarre ricoprimenti finiti, della qual cosa si possono
dare almeno tre esempi molto semplici:
1. R è unione di intervalli aperti di lunghezza finita ognuno avente
intersezione non vuota col successivo, ad es gli intervalli (n,n+2)
con n in Z
2. R è unione degli intervalli aperti (-n,n), n in N
3. R è unione delle semirette (-inf,n), n in Z
Evidentemente in ciascun caso un qualunque sottoinsieme finito degli
aperti scelti non basta a ricoprire tutto R.

In modo analogo si dimostra che un intervallo aperto 8a,b) della retta
reale non può essere compatto in quanto un tale intervallo aperto è
omeomorfo ad R e la compattezza si trasmette per omeomorfismo.

Il fatto che i compatti di R^n siano esattamente i chiusi limitati di
R^n è un teorema la cui dimostrazione va studiata.

Che un compatto di R^n debba comunque essere limitato è però chiaro:
infatti l'unione dei dischi aperti centrati in O e di raggio intero
ricopre qualsiasi sottoinsieme X di R, e l'insieme X potra essere
ricoperto da un sottoinsieme finito di quei dischi solo se è limitato
(in quanto l'unione di una famiglia finita di dischi concentrici è
semplicemente il più grande di essi)
Arcobaleno
2009-10-21 11:21:09 UTC
Permalink
Post by AndreaM
Q non è connesso perché è possibile ottenerlo come unione di due suoi
aperti non vuoti e disgiunti.
Ad esempio,  gli insiemi
A={x in Q tali che x<sqrt(2)} e
B={x in Q tali che x>sqrt(2)}
sono aperti in quanto intersezione di Q con delle semirette reali
aperte (definizione di topologia indotta), sono non vuoti (ovvio),
disgiunti (ovvio anche questo) e la loro unione è tutto Q in quanto
sqrt(2) non è razionale.
A tuo parere se provo ad intuire nel modo che seguirà la non
connessione di Q si intuisce meglio?

Penso ai reali come a qualcosa di continuo che metto in corrispondenza
biunivoca con la retta. Un po' come quando tu parlavi di connessione
in R^2 in modo intuitivo.

Ora, per me, tutto quello che è connesso deve essere un sottoinsieme
di R, lo stesso per R^2. Cioè io mi convinco che qualcosa è connesso
che è un sottoinsieme di R^2.

Un sottoinsieme del tipo a < x < b, cioè un intervallo dove come si
nota a è minore di b ovviamente.

Ora penso che questo intervallo( o segmento di retta reale) sia
composto da TUTTI i reali dell'intervallo stesso.

Questo è per me un intervallo connesso, cioè un intervallo che non
manca di alcun reale che normalmente DEVE stare in quell'intervallo.


Ora però se io considero qualcosa del tipo[0, 1) U (1,2] capisco
subito che 0 < = x < = 2 è un intervallo a cui "ho tolto" il n umero
1.

E allora dico che NON è connesso, perché è come se avessi trovato un
buco(passami il termine intuitivo :))


Insomma, se manca un reale, anche appena uno è ovvio che
quell'intervallo è separato, non è connesso.

Ora proviamo a fare l'esempio dei RAZIONALI.

Prendo [1, 2] composto UNICAMENTE DA RAZIONALI.

Poi prendo [0, 1] e [2, 3] COMPOSTO DA REALI.

Poi faccio la seguente unione e cioè [0 , 1] U [ 1, 2] U [ 2, 3].

Mi chiedo se questa unione mi dia un insieme [0, 3] connesso.

Siccome io ho detto che considero come connesso solo i sottoinsiemi di
R, cioè composti da numeri reali, ecco che mi accorgo che l'insieme
[1,2 ] composto da SOLI RAZIONALI mi crea una separazione e quindi
quella unione darà luogo ad un insieme NON connesso.

Ma perché mai succede questo? Perché l'intervallo [1, 2] è PRIVO degli
irrazionali, cioè in poche parole ha dei buchi(passami il termine:)).

Quindi posso generalizzare e dire che siccome i RAZIONALI non sono
completi, ecco che sono non sono connessi.

Se questo non si capisce posso esagerare e parlare dei naturali:))

1, 2, 3, 4, 5,... NATURALI

l'insieme (1,2) composto da NATURALI è connesso?
Io ho semplicemente (in termini geometrici) il punto 1 e a distanza
piccola a piacere il punto 2, quindi NON sono connessi.

Questo, siccome abbiamo il metro, lo possiamo porre in modo molto
intuitivo dopo la formalizzazione ovviamente.
Insomma, tra 1 e 2 NATURALI c'è lo spazio non colmato né dai razionali
e neppure dai reali.

Io però voglio colmare quello spazio non solo con i razionali ma con i
reali, ed è per questo che perfino i razionali NON sono connessi. E
questo deriva ovviamente dal fatto che i razionali bisogna
completarli. Poi ovviamente il perché di questo lo diamo per scontato.

Ora, queste idee intuitive in campo monodimensionali si possono
agganciare a quello di intuitivo che hai detto tu :connessione per
archi in R^2.
Post by AndreaM
La connessione di R, e più in generale di R^n, è un teorema non ovvio
(la cui dimostrazione preferirei non dover scrivere qui).
Ed infatti io spero di aver dato una idea intuitiva qui sopra.
Post by AndreaM
Come idea intuitiva, si deve pensare che per uno spazio l'essere
connesso dovrebbe essere un rendere preciso il senso di essere "fatto
di un unico pezzo".
Idea intuitiva che io però, con la massima gentilezza, integrerei
dicendo che deve essere fatto di un pezzo unico, così come io ho detto
che la retta la pensiamo come essere continua. Ma anche qui però
dobbiamo a mio parere estendere il discorso sulla completezza.

Cioè che i RAZIONALI di R^n NON sono connessi così come non lo sono
nel caso monodimensionale. Perché per noi, quello che è connesso sono
solo sottoinsiemi dei reali sia in R che in R^n.
Post by AndreaM
Allora si può notare che R^n gode della seguente proprietà: dati
comunque P, Q in R^n è possibile trovare un cammino continuo che
congiunge P a Q. Uno spazio che gode di tale proprietà è detto
"connesso per archi" e dovremmo aspettarci che uno spazio connesso per
archi è anche connesso (ed infatti questo è un teorema, anche se per
dimostrarlo occorre dimostrare prima la connessione dell'intervallo
chiuso [0,1] di R).
Questo che dici è molto interessante, riguardo all'intervallo che
abbiamo dato per scontato essere connesso. Ma possiamo forse dire(in
modo intuitivo) che per noi in realtà l'idea intuitiva si concretizza
nel parlare di sottoinsiemi dei REALI, un po' come fece Dedekind,
quando pensò di rendere rigorosa l'idea intuitiva di continuità
parlando sistematizzando però i reali.

Quindi noi potremmo assumerla questa idea di continuità pensando ad un
sottoinsieme dei reali, che come tali sono connessi: in fondo
intuitivamente l'idea di connessione deriva da quella di continuità.
Post by AndreaM
Parlando di connessione per archi, vale la pena osservare che in Q gli
unici cammini continui sono quelli costanti e questo dovrebbe farci
intuire che ogni sottoinsieme di Q che contiene più di un punto non è
connesso.
Perfetto! Così si capisce che Q non è connesso per i motivi che hai
spiegato e possiamo parlare al massimo di continuità in un punto. Come
facciamo quando definiamo cosa è una funzione continua, dove usiamo lo
stesso concetto di continuità in un punto. Due punti razionali per
esempio mancano dei punti irrazionali e quindi sono separati.

Oppure due punti naturali 1 e 2 nel piano o in R^3, mancano dei punti
razionali e dei reali. Quindi sono separati, non sono connessi.
Post by AndreaM
R non è compatto nel senso che non soddisfa la definizione di
compattezza! :-)
Bellissimo:))

Permettimi una digressione.
Ho una mia nipotina che quando aveva 4 o 5 anni disse quanto segue...

Gli chiesi: perché piove? E lei: perché ci sono le nuvole, non le
vedi??
Ed io: e perché ci sono le nuvole? Ma scusa, non lo vedi che
piove??:))



Il concetto di compattezza se ho capito bene(lo leggo anche dai libri)
è stato elaborarto per estendere il teorema di Weierstrass
sull'esistenza del massimo o del minimo di una funzione continua.
Ovviamente questo è uno degli usi, poi ci sono tanti altri casi. Ma
dico questo per poter capire meglio.

Ed ovviamente quel teorema ci dimostra che se il dominio della
funzione continua è CHIUSO E LIMITATO potrà avere massimo o minimo
che. In caso contrario(intervallo aperto) il massimo potrebbe
coincidere con sup o inf ed ecco che chiudendo l'intervallo ci
assicuriamo che quella funzione continua dovrà avere un massimo e un
minimo.
Il tutto detto per sommi capi ovviamente senza la pretesa di essere
stato rigoroso, ma si ha l'idea di quello che andiamo a cercare anche
in R^n, e cioè intervalli chiusi e limitati potendo fare a meno del
concetto di connessione.

Infatti quando parliamo di compatti, facciamo comunque riferimento ai
reali, cioè abbiamo già dato delle restrizioni così come abbiamo fatto
nel caso dei connessi.

Cioè abbiamo già notato che nella definizione di compatti facendo
degli esempi su R, notiamo che solo i sottoinsiemi di R chiusi e
limitati sono compatti. Ma un sottoinsieme chiuso e limitato è proprio
quello che ci serve per dire che il dominio della funzione continua è
tale da poter assicurare l'esistenza del massimo e del minimo. Che
ovviamente non è che debbano coincidere con sup e inf, ma se
coincidono ecco che ci assicuriamo che esistano:))

Detto questo il seguito lo capisco meglio
Post by AndreaM
Infatti è possibile trovare ricoprimenti di R in aperti da cui non è
possibile estrarre ricoprimenti finiti, della qual cosa si possono
1. R è unione di intervalli aperti di lunghezza finita ognuno avente
intersezione non vuota col successivo, ad es gli intervalli (n,n+2)
con n in Z
2. R è unione degli intervalli aperti (-n,n), n in N
3. R è unione delle semirette (-inf,n), n in Z
Evidentemente in ciascun caso un qualunque sottoinsieme finito degli
aperti scelti non basta a ricoprire tutto R.
Cosa ne pensi dell'esempio di Neo? Cioè quello di dire che (0, 1] non
è un compatto perché possiamo approssimarci per una infinità di
intervalli(intorni) a 0, in questo modo non possiamo mai ricoprire con
una famiglia FINITA quell'intervallo.

Questo equivale anche a dire che 0 è punto di accumulazione e quindi
potrebbe essere(successioni) il limite di una successione che però NON
appartiene all'insieme, e quindi lo spazio metrico non è completo
(dipende dalla metrica ovviamente: ma mi sono allargato ad esempi più
avanzati:)))

Ora a noi interessa completare lo spazio metrico, e quindi avere il
limite della successione(e di tutte le sottosuccessioni ovviamente)
che appartenie allo spazio metrico.
Questo per dire giusto a cosa andrà a servire(uno dei tanti esempi)
questo concetto di compattezza.



Ora, e questo lo chiedo altrimenti dovrei vedere nel libro perché non
ricordo. Visto che si parlava di funzioni continue(così il
ragionamento mi viene meglio) non è che la compattezza includa la
connessione?

Cioè non è che un insieme compatto è anche automaticamente connesso?
In riferimento al dominio della funzione continua intendo.

Ciao
A.
Magister P.N.
2009-10-21 12:15:28 UTC
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Post by Arcobaleno
A tuo parere se provo ad intuire nel modo che seguirà la non
connessione di Q si intuisce meglio?
Penso ai reali come a qualcosa di continuo che metto in corrispondenza
biunivoca con la retta. Un po' come quando tu parlavi di connessione
in R^2 in modo intuitivo.
Ora, per me, tutto quello che è connesso deve essere un sottoinsieme
di R, lo stesso per R^2. Cioè io mi convinco che qualcosa è connesso
che è un sottoinsieme di R^2.
Un sottoinsieme del tipo  a < x < b, cioè un intervallo dove come si
nota a è minore di b ovviamente.
Ora penso che questo intervallo( o segmento di retta reale) sia
composto da TUTTI i reali dell'intervallo stesso.
Questo è per me un intervallo connesso, cioè un intervallo che non
manca di alcun reale che normalmente DEVE stare in quell'intervallo.
Ora però se io considero qualcosa del tipo[0, 1) U (1,2]  capisco
subito che 0 < = x < = 2 è un intervallo a cui "ho tolto" il n umero
1.
E allora dico che NON è connesso, perché è come se avessi trovato un
buco(passami il termine intuitivo :))
Insomma, se manca un reale, anche appena uno è ovvio che
quell'intervallo è separato, non è connesso.
Intervengo per dire che questa "illustrazione" rischierebbe di essere
un po' fuorviante per introdurre il concetto di connessione.
Infatti, detto molto terra terra, un insieme connesso e' costituito da
un "pezzo unico", non da un "pezzo senza buchi".
In R^2, una corona circolare, o un cerchio a cui e' stato tolto il
centro, sono comunque insiemi connessi anche se "bucati".

Ciao
R.
Arcobaleno
2009-10-21 15:32:32 UTC
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Post by Magister P.N.
Intervengo per dire che questa "illustrazione" rischierebbe di essere
un po' fuorviante per introdurre il concetto di connessione.
Infatti, detto molto terra terra, un insieme connesso e' costituito da
un "pezzo unico", non da un "pezzo senza buchi".
In R^2, una corona circolare, o un cerchio a cui e' stato tolto il
centro, sono comunque insiemi connessi anche se "bucati".
E' vero, ed hai fatto bene a farlo notare.
Infatti l'ha detto sia Andrea, e l'ho ribadito anche io: il pezzo
unico.
Il problema è quello di far riferimento ai "buchi" lasciati dai
razionali una volta che vengono tolti via dall'insieme dei reali. E'
ovvio che dove ci sono i buchi(la connessione molteplice) veri e
propri dovuti al disegno(quelli che si vedono), quei buchi insomma
dovuti al fatto che l'insieme di cui si parla in R^2 ha anche un
ESTERNO.

A noi ad ogni modo, come facevi giustamente notare tu, ovviamente
interessano in ogni caso i punti INTERNI.

Quindi, come dicevi, è vero che bisogna fare attenzione tra punti
interni ed esterni, tra buchi veri e propri e buchi apparenti, usati
solo per specificare che togliamo via i razionali.

Come sai abbiamo lo stesso problema quando vogliamo unire nel piano un
insieme di punti del cerchio e un insieme di punti appartenenti ad un
segmento. Ovviamente il segmento nel piano non ha punti interni, è
monodimensionale, non ha per così dire la seconda dimensione. E questa
cosa ci può sfuggire perché noi i punti sull'asse x e y interni li
usiamo però.

Quindi, come hai fatto bene a far notare, ci sono tante insidie ad
usare un linguaggio che faccia esclusivo riferimento ai disegni,
dimenticando che sono disegni ideali.

Sono temi apparentemente facili, apparentemente banali anche quando si
fanno esempi ma bisogna fare sempre attenzione.

Però vedo che bene o male le definizioni sono state un po' sviscerate
e si è arrivati al punto di poterle applicare.

Tetis inoltre faceva notare come bisogna porre attenzioni ancora
maggiori. Segno che il concetto di compattezza non è cosa facile.

Ciao
A.
AndreaM
2009-10-21 21:46:06 UTC
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Post by Arcobaleno
Ora, per me, tutto quello che è connesso deve essere un sottoinsieme
di R, lo stesso per R^2. Cioè io mi convinco che qualcosa è connesso
che è un sottoinsieme di R^2.
Bada che è assolutamente falso che in generale uno spazio topologico
possa essere rivisto come un sottospazio di R^n, per qualche n.
Post by Arcobaleno
Post by Arcobaleno
Quindi posso generalizzare e dire che siccome i RAZIONALI non sono
completi, ecco che sono non sono connessi.
Come già ti ho detto precedentemente, pensare alla connessione in
termine di completezza è fuorviante.

L'insieme (in R) [0,1] unione [2,3] è completo ma non è connesso.
L'intervallo reale aperto (0,1) è connesso ma non è aperto.

Ergo, le nozioni di connessione e completezza sono logicamente
indipendenti.
Post by Arcobaleno
Quindi noi potremmo assumerla questa idea di continuità pensando ad un
sottoinsieme dei reali, che come tali sono connessi: in fondo
intuitivamente l'idea di connessione deriva da quella di continuità.
Io non la penso così. Anche perché non esiste una nozione generale di
"spazio continuo".
Post by Arcobaleno
Il concetto di compattezza se ho capito bene(lo leggo anche dai libri)
è stato elaborarto per estendere il teorema di Weierstrass
sull'esistenza del massimo o del minimo di una funzione continua.
Non so se uno storico della topologia possa essere d'accordo su questa
affermazione o storcere il naso. La mia idea personale (ma magari mi
sbaglio) è che una grossa motivazione ad una formalizzazione della
topologia sia stata l'esigenza di trattare rigorosamente gli spazi
lineari di dimensione infinita (spazi di Banach, di Hilbert).

Certo è che il teorema di weierstraas diventa un caso speciale del
teorema generale che l'immagine di un compatto per una funzione
continua è un compatto.
Post by Arcobaleno
Infatti quando parliamo di compatti, facciamo comunque riferimento ai
reali, cioè abbiamo già dato delle restrizioni così come abbiamo fatto
nel caso dei connessi.
Quando parli tu, forse. :-)
In realtà le definizione, le situazioni, i contesti sono ben più
generali di quelle associabili alla retta reale o agli spazi lineari
reali di dimensione arbitraria.
Post by Arcobaleno
......non è che la compattezza includa la
connessione?
Cioè non è che un insieme compatto è anche automaticamente connesso?
In riferimento al dominio della funzione continua intendo.
No: tanto per rimanere nei reali il sottoinsieme
[0,1] unione [2,3] è compatto (è chiuso e limitato), ma non è
certamente connesso. Viceversa, l'intervallo aperto (0,1) è connesso,
ma non è compatto.

Un bell'esempio di spazio non compatto è la sfera unitaria S in uno
spazio di Hilbert V di dimensione infinita. Essa infatti contiene una
base ortonormale di V come sottoinsieme discreto (in un compatto, solo
i sottoinsiemi finiti possono essere discreti). Eppure S è chiusa e
limitata in V (bisogna fare attenzione che la topologia della norma
qui NON è la topologia prodotto definibile rivedendo V come prodotto
di infinite copie di R)
Arcobaleno
2009-10-22 07:50:02 UTC
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Post by AndreaM
Post by Arcobaleno
Post by Arcobaleno
Quindi posso generalizzare e dire che siccome i RAZIONALI non sono
completi, ecco che sono non sono connessi.
Come già ti ho detto precedentemente, pensare alla connessione in
termine di completezza è fuorviante.
Ma è ovvio. Io ho capito benissimo che quelle definizioni sono
astrazioni e generalizzazioni. Piuttosto io sto cercando di capire
attraverso gli esempi più o meno a cosa di intuitivo possiamo provare
ad agganciarci anche temporaneamente per poi sentire noi stessi
l'esigenza di generalizzare.

Se questo non si fa(è un mio punto di vista) si può rischiare di
tramandare una definizione che viene accettata come tale, usata, e mai
capita a fondo, perché non si capisce più o meno cosa c'è di intuitivo
che ha condotto a quella astrazione generalizzazione.

Per dirla più semplicemente, io mi metto nei panni di coloro che hanno
elaborato quella definizione, e a cosa avevano in mente di intuitivo
che poi hanno formalizzato. Con questo non è che uno si voglia mettere
alla pari del matematico passato alla storia, ma deve pur sempre
capire la logica profonda che ha condotto quel matematico a
formalizzare generalizzando in quel modo. E a mio parere un modo è
provare a fare tanti esempi e vedere cosa c'è di intuitivo, e con
graduali agganci ed applicazioni si dovrebbe pervenire non solo ad
aver capito la definizione ma a poterla padroneggiare in modo
disinvolto.
Post by AndreaM
L'insieme (in R) [0,1] unione [2,3] è completo
E questo hai fatto bene a dirlo perché così mi dai la possibilità di
sgombrare il campo da equivoci. Io non intendevo la completezza nel
senso generalizzato del termine.

Tu fai però giustamente(perfetto) notare che una volta noi UNIAMO due
insiemi completi, ecco che abbiamo un insieme completo.

Questo è un livello di astrazione che per te appare banale ma è un
passo avanti non da poco. Cioè, il fatto di cominciare a perdere di
vista i reali che immaginiamo in sequenza e cominciare invece a
prendere insiemi di reali, unirli, e capire che abbiamo ancora un
insieme che mantiene certe proprietà.
Post by AndreaM
ma non è connesso.
Ma infatti! Ed è questo su cui stavo insistendo un pochino io. Cioè tu
hai fatto questo esempio, io ho parlato dei naturali, poi ho fatto
l'esempio dei razionali che se li togli via da un insieme di reali,
ecco che crei dei buchi e quindi mancando i razionali l'insieme non è
connesso.

Se non lo intuisco così in che altro modo lo potrei intuire?

E' come se da quell'unione dell'esempio sopra, io togliessi sqrt2, ed
ecco che quell'insieme non sarebbe più connesso.
E se elimino un razionale, ecco che non è più connesso, ecco: [1, 2) U
(2, 3].

Ho eliminato il numero 2, ho tolto un razionale e l'insieme non è più
connesso.
Altro esempio [1, sqrt 2) U ( sqrt2, 8]. Qui ho eliminato sqrt 2, e
l'insieme non è più connesso.

Come vedi questo insieme NON è completo e NON è neppure connesso.

E allora, se le cose stanno così, si capisce pure perché quando tu
parli di un pezzo intero che è semplicemente connesso, ed è una idea
intuitiva giusta, ecco che stiamo prendendo come qualcosa di continuo
il piano(in questo caso) che rimane qualcosa di continuo fino a che
usiamo TUTTI i reali di quella porzione di piano(o di intervallo
monodimensionale). Appena si toglie via qualche un reale, che può
esssere un intero, un razionale, un irrazionale, insomma un reale
qualsiasi, ecco che si crea il buco e l'insieme non è più connesso.

Quindi io mettevo in relazione la completezza con l'idea intuitiva(è
stato Dedekind a fare questa cosa no io:)) di continuità.

Ora a me sembra(poi correggetemi se sbaglio, magari la astrazione è
andata oltre e io non ne sono al corrente) che si possa partire
pensando in questo modo. In pratica tu intuitivamente parlavi del
pezzo tutto intero. Io non ho fatto altro che pensare questo: di cosa
è fatto un pezzo tutto intero? E' fatto di tutti i reali. E se tolgo
qualche reale il pezzo è ancora intero? No, il pezzo non è più intero.

Ora, io non lo so se sta cosa intuitiva può essere solo un caso
particolare o meno, ma a prima vista mi sembra un modo intuitivo buono
per avvicinarsi meglio al concetto di connessione. Poi è ovvio che
bisogna andare oltre e non ci si può fermare all'intuizione e basta:
questo lo do per scontato.
Post by AndreaM
Post by Arcobaleno
Quindi noi potremmo assumerla questa idea di continuità pensando ad un
sottoinsieme dei reali, che come tali sono connessi: in fondo
intuitivamente l'idea di connessione deriva da quella di continuità.
Io non la penso così. Anche perché non esiste una nozione generale di
"spazio continuo".
Non sto parlando di spazio in senso di STRUTTURA, tipo di spazio
topologico continuo, assolutamente no. Sto parlando di spazio connesso
o compatto come da definizione.

E per quanto riguarda il concetto vago di continuità, mi riferisco al
modo intuitivo, come al pezzo tutto intero, con la differenza che ho
messo in corrispondenza biunivoca la retta reale con i numeri reali.
Se tolgo un qualsiasi reale, si crea una sconnessione nella retta.

Quindi, la continuità in certo senso me la assicura l'insieme dei
reali. Questo è il ragionamento di Dedekind per chiarire cosa doveva
essere pensato in termini di continuo, quando lui e altri notavano che
del continuo ognuno si faceva la propria idea.

Se poi le cose nel frattempo sono cambiate alla radice, io
sinceramente non lo so. Ma da quelle definizioni e dai relativi esempi
a me non sembra.

Vedi tu:)
Post by AndreaM
Post by Arcobaleno
Il concetto di compattezza se ho capito bene(lo leggo anche dai libri)
è stato elaborarto per estendere il teorema di Weierstrass
sull'esistenza del massimo o del minimo di una funzione continua.
Non so se uno storico della topologia possa essere d'accordo su questa
affermazione o storcere il naso.
Hai ragione, ed anzi scusami. E' che io non rileggo quello che scrivo
e a volte sbaglio. Volevo dire che l'idea di compattezza ci serve
anche per quello.

Bottazzini dice che l'analisi funzionale nacque dalla teoria spettrale
di Hilbert, dalla tesi di dottorato di Frechet sulla topologia, dalle
idee di Fredholm, e da Lebesgue.

Ed in quel capitolo dedicato all'analisi funzionale(che non ho rivisto
per ora) Bottazzini fa riferimento alla topologia. Penso che sia stato
quello il periodo, come dici tu qui di seguito.
Non credo che sia la tua idea e basta ma sia proprio andata così.
Post by AndreaM
La mia idea personale (ma magari mi
sbaglio) è che una grossa motivazione ad una formalizzazione della
topologia sia stata l'esigenza di trattare rigorosamente gli spazi
lineari di dimensione infinita (spazi di Banach, di Hilbert).
Certo è che il teorema di weierstraas diventa un caso speciale del
teorema generale che l'immagine di un compatto per una funzione
continua è un compatto.
Ecco, questo a mio parere aiuta a capire a cosa può servire, ed è un
primo aggancio anche intuitivo, anche per creare la motivazione ad
apprendere un concetto piuttosto ostico. E pian piano si capisce
sempre meglio. Ma tu queste cose le sai, non è che te stia dicendo.
Semplicemente le ribadisco, anche perché parliamo pubblicamente.
Post by AndreaM
Quando parli tu, forse. :-)
In realtà le definizione, le situazioni, i contesti sono ben più
generali di quelle associabili alla retta reale o agli spazi lineari
reali di dimensione arbitraria.
E lo so:) Ed è per questo che il thread ha ispirato Josh che ne ha
aperto un altro che è ben più specialistico infatti:))

Non sono il tipo di chiedere cose banali io:))
Post by AndreaM
Post by Arcobaleno
......non è che la compattezza includa la
connessione?
Cioè non è che un insieme compatto è anche automaticamente connesso?
In riferimento al dominio della funzione continua intendo.
No: tanto per rimanere nei reali il sottoinsieme
[0,1] unione [2,3] è compatto (è chiuso e limitato), ma non è
certamente connesso. Viceversa, l'intervallo aperto (0,1) è connesso,
ma non è compatto.
Qui ti devo confessare che ero alla fine ed ero stanco, e mi è venuta
questa idea e l'ho buttata lì. Però secondo me qualcosa ci deve
essere:))

Prendiamo una funzione continua. Poi prendiamo uno spazio topologico
compatto che fa da dominio di questa funzione.

Ora(non è per insistere ma per amore di matematica che parlo:)) se io
prendo la parte del dominio [0, 1] U [ 2, 3] e tramite una funzione
continuo vado a vedere l'immagine, ottengo una immagine sconnessa. Lo
dice pure la definizione. Figurarsi se il grafico della funzione sia
continuo.

Qui a mio parere prima di continuare è mettersi d'accordo su cosa
dobbiamo intendere per funzione continua. Cioè se dobbiamo limitarci a
pensare alla legge PRIMA che venga applicata, oppure alla
TRASFORMAZIONE avvenuta a partire da un determinato dominio.

Se ci limitiamo alla legge, è ovvio che il compatto viene trasformato
in compatto, connesso in connesso ecc.
Ma se prendo l'insieme di definizione, il dominio, anche se la la
legge mi assicura la continuità della trasformazione(io la chiamo
così) poi devo andare a vedere se ho ottenuto un grafico continuo o
meno.

Ecco, chiariamo questo punto.

Ora io ho pensato come segue. Se noi partiamo da una legge che ci
assicura una trasformazione continua e la applico su un dominio che
NON è connesso, come quello che hai fatto tu nell'esempio, non posso
mica ottenere l'immagine connessa. E tanto meno otterrò NELLA
TOTALITA' della INTERA trasformazioe, cioè considerando tutto il
dominio, cioè l'UNIONE di quei due insieme, una funzione continua.

Ora, se le cose stanno così(ma non voglio insistere, mi farai sapere
tu) quando un dominio è compatto, e questa compattezza viene applicata
per estendere il teorema di Weierstrass(il massimo, il minimo) per
poter parlare di(SOLO NEL CASO DELLE FUNZION) di massimo e minimo
assicurati tramite una trasformazione continua, parlo di un dominio
formato da un insieme di definizione compatto.

Ora, mi chiedo, come è possibile avere massimo e minimo assicurati se
quell'insieme non è pure connesso? Cioè penso che ci sarebbero dei
punti di discontinuità. Ora posso anche pensare che un punto di
discontinuità sia la mancanza di 1 dal dominio, cioè per x =1 io trovo
una dicontinuità.

Esempio [0, 1) U (1, 2] questo è il dominio di f(x) intesa come legge
che assicura la trasformazione di tutti i punti del dominio in
relative immagini del codominio.

Questo NON è compatto, perché i compatti per quanto riguarda i reali
sono gli insiemi chiusi e limitati(non sto generalizzando, mi fermo ai
reali e ai dominii). Ora se unisco due insiemi chiusi e limitati
dovrei ottenere un compatto, cioè l'unione di due compatti mi dovrebbe
dare un compatto. Se unisco due NON compatti, dovrei ottenere un NON
compatto.

Ecco che qui sopra vedo prima di tutto un insieme NON compatto, che è
tale perché è sconnesso. Sto pensando al teorema di Weierstrass.

Cioè come faccio a pensare al massimo nel punto singolare 1 che
potrebbe benissimo essere(dipende dalla legge di trasformazione) un
Sup o un Inf ma non appartenente all'insieme? Ecco che non mi assicura
la presenza del massimo o del minimo probabili in quel Sup o Inf.

E allora devo rendere compatto quel dominio includendo 1. Ma così
facendo diventa anche connesso.

Ora io, sinceramente non lo so se v'è una relazione tra compattezza e
connessione. Però di sicuro che v'è una relazione tra compattezza e
continuità della funzione e connessione e continuità della funzione.
Cose che si notano anche dalla definizione.
Quindi il mio cervello sta applicando la proprietà transitiva:))

Non sto generalizzando, sto pensando alle funzioni. Tu hai sicuramente
più familiarità di me(come tanti altri) con questi temi e quindi puoi
risolvere immediatamente il mio interrogativo.

Ciao
A.
Tetis
2009-10-21 13:38:40 UTC
Permalink
Post by AndreaM
Uno spazio topologico S è compatto se da un arbitrario ricoprimento di
S in aperti se ne può estrarre un ricoprimento finito.
Un sottoinsieme X di S si dice compatto se lo è nella topologia
indotta.
Con questa definizione occorre però fare attenzione che esistono
compatti che non sono chiusi. Per esempio in topologia algebrica può
verificarsi spesso questa situazione. Consideriamo una topologia sui
nodi di un grafo a tre nodi: (void, (1),(2,3),(1,2,3)) l'insieme {3}
è compatto infatti ammette solamente due ricoprimenti aperti (2,3) ed
(1,2,3) però non è chiuso, infatti {2} è un punto di accumulazione per
{3} ma non è contenuto nell'insieme. Bourbaki a questo scopo riserva
la nozione di compattezza per gli spazi compatti che sono Hausdorff.
Infatti ogni sottoinsieme compatto di uno spazio di Hausdorff è
chiuso.

Si possono trovare esempi più pericolosi in analisi funzionale quando
si ha a che fare con spazi vettoriali topologici che ammettono
seminorme compatibili con le operazioni di limite, ma non norme. Ad
esempio considerando processi stocastici infinitamente divisibili
possono verificarsi situazioni perniciose in cui un attrattore risulta
quasi-compatto rispetto alla topologia indotta dalle seminorme, però
del resto stando su quell'attrattore esistono punti della chiusura
inaccessibili alla dinamica. Non è difficile costruire un esempio
elementare di una situazione del genere, per esempio consideriamo due
copie della retta reale e consideriamo la topologia che agli aperti
disgiunti delle due rette unisce gli aperti dei punti corrispondenti.
E' evidente che stando su una sola delle due rette la dinamica non
tocca mai tutti i punti della chiusura infatti ogni punto dell'altra
retta è di accumulazione. Infatti ogni intervallo chiuso rispetto alla
consueta topologia non è più chiuso rispetto a questa topologia, e
tuttavia rimane compatto.
Post by AndreaM
ESEMPI/TEOREMI (in ordine sparso)
1. R non è compatto
2. I compatti di R^n sono i sottoinsiemi chiusi e limitati.
3. Data una famiglia arbitraria di spazi topologici compatti, il loro
prodotto è compatto
4. Ogni successione in uno spazio compatto ammette una
sottosuccessione convergente
5. L'immagine di un compatto mediante una funzione continua è compatta
Magister P.N.
2009-10-20 10:19:45 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.
Vi andrebbe di spiegare con vari esempi cosa è un insieme connesso e
quale non lo è? Quale è un insieme compatto e quale non lo è?
Poi alla fine(io mi escludo) tutti i partecipanti potranno valutare la
spiegazione più chiara. Ovviamente una spiegazione che usi la
definizione(che non riporto) rigorosa, ma che però dovrà avere il
pregio di rendere con esempi molto chiari il concetto stesso di
connessione e compattezza.
Manca un requisito: partendo da quali conoscenze?

Per quanto riguarda la definizione: il concetto di "insieme aperto" va
dato per scontato o va introdotto?
Per quanto riguarda gli esempi: Quali spazi si possono considerare
"noti"? Q^n, R^n, C^n e sottoinsiemi?

Altrimenti ci vuole un trattato.

Ciao
R.
Arcobaleno
2009-10-20 15:18:27 UTC
Permalink
Post by Magister P.N.
Post by Arcobaleno
Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.
Vi andrebbe di spiegare con vari esempi cosa è un insieme connesso e
quale non lo è? Quale è un insieme compatto e quale non lo è?
Poi alla fine(io mi escludo) tutti i partecipanti potranno valutare la
spiegazione più chiara. Ovviamente una spiegazione che usi la
definizione(che non riporto) rigorosa, ma che però dovrà avere il
pregio di rendere con esempi molto chiari il concetto stesso di
connessione e compattezza.
Manca un requisito: partendo da quali conoscenze?
Per quanto riguarda la definizione: il concetto di "insieme aperto" va
dato per scontato o va introdotto?
Per quanto riguarda gli esempi: Quali spazi si possono considerare
"noti"? Q^n, R^n, C^n e sottoinsiemi?
Ho provato a chiarire questi punti nella risposta ad Andrea, va dato
per scontato che il tizio per poter comprendere questi due concetti si
trovi già ad aver compreso i concetti propedeutici. Ovviamente per
chiarire meglio, se si ritiene opportuno si potrà chiarire meglio
anche qualche concetto propedeutico che si ritiene fondamentale, cioè
concetto sul quale insistere per far comprendere meglio l'intera
spiegazione.

Io non posso fare il giudice o cose del genere, quindi mi permetto di
dare solo un vago orientamento: altrimenti poi giustamente arrivano le
polemiche:))

E, visto che lo possono fare altri, chiederò anche io ulteriori
chiarimenti, affinché la spiegazione mi risulti più chiara.

Altro, come dicevo, l'ho scritto in risposta ad Andrea.

Grazie anche a te:)

Ciao
A
Simone
2009-10-20 10:56:07 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.
È un giudizio tuo. Quali sono i criteri per stabilire se un esempio sia
comprensibile e chiaro? In matematica un conto è dare una definizione,
un altro è cercare di intuirla
mentalmente. La compattezza è quello che è, così come la connessione.
Ogni semplificazione comporterebbe una perdita di "concetto" rispetto
alla definizione.
Arcobaleno
2009-10-20 15:23:25 UTC
Permalink
Post by Simone
Quali sono i criteri per stabilire se un esempio sia
comprensibile e chiaro?
Un po' come ha fatto Andrea. Cioè dare la definzione rigorosa, poi
fare degli esempi come ha fatto lui, e poi approfondire gli esempi
stessi entrando nei dettagli. Cose che capitano a lezione insomma.

Io, faccio un po' la parte dello studente che chiede ulteriori
chiarimenti per poter meglio capire. Ovviamente, come scrivevo ad
Andrea, col massimo rispetto, stima, e senza voler valutare nulla di
nulla. Proverò a dare solo stimoli affinché il tutto possa apparire
chiaro, semplice almeno dal mio modesto punto di vista.

Poi anche tra di voi, e anche altri, potranno intervenire per chiedere
chiarimenti, il tutto col massimo spirito costruttivo da parte di
tutti.

Per quanto riguarda le votazioni ho spiegato nella risposta ad
Andrea:)

Ciao
A.
Josh
2009-10-20 13:42:09 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.
Vi andrebbe di spiegare con vari esempi cosa è un insieme connesso e
quale non lo è? Quale è un insieme compatto e quale non lo è?
Poi alla fine(io mi escludo) tutti i partecipanti potranno valutare la
spiegazione più chiara. Ovviamente una spiegazione che usi la
definizione(che non riporto) rigorosa, ma che però dovrà avere il
pregio di rendere con esempi molto chiari il concetto stesso di
connessione e compattezza.
Non si vince nulla, ma forse un po' di stima da parte degli altri
potrebbe essere un buon premio:))
1. Uno spazio topologico (S,t) si dice compatto se da ogni ricoprimento
aperto di S è possibile estrarre un ricoprimento finito.

2. Uno spazio topologico (S,t) si dice connesso se da ogni ricoprimento
aperto di S non è possibile estrarre una partizione (aperta) di S
(diversa da quella banale).

Questo in pratica significa che se S *non* è connesso, allora esistono
almeno due aperti disgiunti e non vuoti, diciamoli A e B, tali che
S=A.U.B. In tal caso è allora possibile dividere lo spazio topologico
(S,t) almeno in due parti, nel senso che i sottospazi A e B avranno per
aperti tutti e soli gli aperti di t inclusi risp. in A e in B, e quindi
si potrà scompotte S nella forma:

(S,t)=(A,t_A) + (B,t_B) = (A.U.B,t_A.U.t_B)

dove con + si capisce cosa ho idicato (la coppia la cui prima componente
è l'unione delle prime componenti ...)

Ciao, Josh.
Arcobaleno
2009-10-20 15:28:05 UTC
Permalink
Post by Josh
1. Uno spazio topologico (S,t) si dice compatto se da ogni ricoprimento
aperto di S è possibile estrarre un ricoprimento finito.
2. Uno spazio topologico (S,t) si dice connesso se da ogni ricoprimento
aperto di S non è possibile estrarre una partizione (aperta) di S
(diversa da quella banale).
Questo in pratica significa che se S *non* è connesso, allora esistono
almeno due aperti disgiunti e non vuoti, diciamoli A e B, tali che
S=A.U.B. In tal caso è allora possibile dividere lo spazio topologico
(S,t) almeno in due parti, nel senso che i sottospazi A e B avranno per
aperti tutti e soli gli aperti di t inclusi risp. in A e in B, e quindi
    (S,t)=(A,t_A) + (B,t_B) = (A.U.B,t_A.U.t_B)
dove con + si capisce cosa ho idicato (la coppia la cui prima componente
è l'unione delle prime componenti ...)
Per favore puoi fare degli esempi specifici riferendoti ad R o a Q e
ai suoi intervalli? Un po' come ha fatto Andrea però facendo esempi di
intervalli connessi e intervalli non connessi. Allo stesso modo per i
compatti e i non compatti.

Grazie e ciao:)
A.
Josh
2009-10-20 16:31:57 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Post by Josh
1. Uno spazio topologico (S,t) si dice compatto se da ogni ricoprimento
aperto di S è possibile estrarre un ricoprimento finito.
2. Uno spazio topologico (S,t) si dice connesso se da ogni ricoprimento
aperto di S non è possibile estrarre una partizione (aperta) di S
(diversa da quella banale).
Questo in pratica significa che se S *non* è connesso, allora esistono
almeno due aperti disgiunti e non vuoti, diciamoli A e B, tali che
S=A.U.B. In tal caso è allora possibile dividere lo spazio topologico
(S,t) almeno in due parti, nel senso che i sottospazi A e B avranno per
aperti tutti e soli gli aperti di t inclusi risp. in A e in B, e quindi
(S,t)=(A,t_A) + (B,t_B) = (A.U.B,t_A.U.t_B)
dove con + si capisce cosa ho idicato (la coppia la cui prima componente
è l'unione delle prime componenti ...)
Per favore puoi fare degli esempi specifici riferendoti ad R o a Q e
ai suoi intervalli? Un po' come ha fatto Andrea però facendo esempi di
intervalli connessi e intervalli non connessi.
Quando si dice che Q non è connesso si intende dire che Q con la
topologia euclidea non è un insieme connesso, ovvero che Q come
sottospazio di (R,t) non è connesso.

Per provarlo basta trovare una partizione di Q costituita da insiemi
aperti *in* Q. Ad esempio la partizione costituita dagli insiemi:
Q intersecato {x\in R : x<sqrt(2)}
Q intersecato {x\in R : x>sqrt(2)}

Ciao.
?manu*
2009-10-22 05:49:13 UTC
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Post by Arcobaleno
Cosa è la connessione? Cosa è la compattezza?
Se ne parla in tutti i libri di analisi ma non sempre vi sono esempi
chiari e comprensibli.
Vi andrebbe di spiegare con vari esempi cosa è un insieme connesso e
quale non lo è? Quale è un insieme compatto e quale non lo è?
Secondo me per chiarire cos'è la compattezza e la connessione ci
vogliono 2 o 3 anni di studi. Non sto scherzando. Ad esempio le risposte
che ti sono state date sono, necessariamente, parziali e fuorvianti. In
nessuna di esse si nota la distinzione tra "compatto" e "chiuso e
limitato" (tantomeno la distinzione tra compatto e sequenzialmente
compatto) nè la distinzione tra "connesso" e "connesso per archi".

Questo modo di fare darebbe allo studente l'idea che le definizioni
riportate (il compatto utilizzando i ricoprimenti aperti e il connesso
usando la partizione in aperti) sono inutilmente complicate. Per
apprezzare la distinzione tra compatto e sequenzialmente compatto
bisogna avere delle conoscenze molto approfondite. La distinzione tra
connesso e connesso per archi è, a mio avviso, ancor più sottile,
sebbene l'esempio sia semplice da capire. Io ho fatto dei lavori di
ricerca sui connessi e ti dico onestamente che ancora non saprei
spiegare intuitivamente perché sia utile dare una definizione piuttosto
che l'altra.

Giusto per dare un tocco di colore, studiando la dimostrazione del
teorema di Tychonoff mi è parso di capire che è stato proprio questo
teorema (il prodotto infinito di compatti è compatto) a giustificare
definitivamente la definizione di compatto tramite ricoprimenti. Questo
suggerisce che se non introduci il teorema di Tychonoff non puoi capire
la differenza tra compatto e sequenzialmente compatto.

E.

E.
Arcobaleno
2009-10-22 08:00:34 UTC
Permalink
Post by ?manu*
Secondo me per chiarire cos'è la compattezza e la connessione ci
vogliono 2 o 3 anni di studi.
E' vero, hai ragione,me ne sono accorto:))

Rudin le propone nelle prime pagine dando gli elementi di topologia,
poi continua quando parla di connessione e compattezza in relazione
alle funzioni continue. Ma la cosa non mi ha mai soddisfatto del
tutto, e ho provato ad approfondire. Ho sempre intuito che quelle
generalizzazioni non si limitassero ai dominii delle funzioni ma a
qualcosa di più.

Ed è quello che probabilmente sfugge, ed ecco che vi vuole molto tempo
per capire meglio. Forse perché solo quando si arriva all'analisi
funzionale si capisce che quei concetti servono molto, vengono
applicati, ed ecco che ci si familiarizza e si vedono esempi e
controesempi.

Io direi che per avere una prima idea precisa ed intuitiva basta avere
la conoscenza dell'analisi uno, basta ovviamente approfondire. Poi
proseguendo negli studi, si affrontano ambiti più generali, ed ecco
che quelle stesse definizioni vengono viste nel loro ambito astratto
che però funziona in altri casi, e così si capisce la definizione in
tutta la sua generalità.

Capita lo stesso a mio parere col concetto di spazio metrico.
All'inizio uno non ne vede alcuna necessità, perché si usa la metrica
euclidea.

Quella struttura invece viene apprezzata in profondità quando si nota
che la metrica euclidea non sempre ci serve, e magari ci serve la
metrica lagrangiana o quella integrale ecc. A quel punto si apprezza
il concetto astratto di distanza, e quindi la stessa struttura di
spazio metrico.

La stessa cosa avviene con la struttura di spazio lineare. Se lo
riferisci solo ai vettori geometrici, ecco che sembra superflo
parlarne in senso astratto. Ma la si apprezza quando vedi che si può
parlare anche di funzioni per esempio, e che si possono trattare come
elementi dello spazio lineare. Così la struttura astratta viene ad
essere apprezzata perché si capisce dove è che serve e perché la si è
creata in modo astratto, e cioè per poterla generalizzare ad altri
ambiti, ad altri enti che non siano solo i vettori dello spazio.

A mio modesto parere, bisognerebbe fare una bella distinzione tra
spazio vettoriale e spazio lineare ASTRATTO. Così da far notare che un
conto è occuparsi di vettori, un altro è occuparsi per es in un certo
modo di funzioni, e poi si dice: ma qui noi notiamo delle analogie, e
allora generalizziamo e parliamo di spazio lineare ASTRATTO.

Che poi è la via seguita dai matematici che hanno creato queste
strutture.

Ciao
A.
Archaeopteryx
2009-10-22 08:38:38 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
A mio modesto parere, bisognerebbe fare una bella
distinzione tra spazio vettoriale e spazio
lineare ASTRATTO. Così da far notare che un conto
è occuparsi di vettori, un altro è occuparsi per
ma qui noi notiamo delle analogie, e allora
generalizziamo e parliamo di spazio lineare
ASTRATTO.
Penso sia sempre questione di background... la
combinazione lineare di funzioni ortogonali mi è
sempre servita, fin da subito, come credo accada a
tutti gli ingegneri, e non mi ci volle molto a
capire che grossomodo tutto funziona come un vettore
usuale. Mi dico spesso "ma c'è bisogno di scriverci
libri?" Ovviamente la risposta è sì, e sono santi e
benedetti; parlo solo dell'impressione emotiva che
va vinta con la razionalità.

Quando apro il libro di analisi funzionale non
riesco a trovare alcun appiglio; non vedo a che mi
possa servire uno spazio che non sia di Hilbert; gli
esempi, anche se ne vedo ovviamente le implicazioni,
sono lontani dalle applicazioni. Non dico che non le
vedo, dico solo che la distanza tra il bagaglio di
algebra lineare / analisi funzionale e applicazioni
spesso è grande e il legame è tenue.

Non ho nemmeno scuse perché il mio breviario di
fisica matematica ha un solo capitoletto
stringatissimo sull'analisi funzionale, ed è
straordinario non solo perché l'essenziale sta in
poche pagine ma anche perché introduce ogni concetto
a partire dalla fisica. Ma mi è ostico, c'è poco da
fare. Poiché esiste il testo che avrei sempre voluto
so che è un mio limite; vorrei tanto avere una mente
più matematica. Mi ci cruccio spesso e parecchio.

ciao!

Apx.
--
"Papà, cos'è un mostro? - Mia cara, così su tre piedi
proprio non te lo saprei dire"
Arcobaleno
2009-10-22 09:14:50 UTC
Permalink
On 22 Ott, 10:38, Archaeopteryx <
Post by Archaeopteryx
Non dico che non le
vedo, dico solo che la distanza tra il bagaglio di
algebra lineare / analisi funzionale e applicazioni
spesso è grande e il legame è tenue.
Io personalmente ho lasciato perdere la meccanica quantistica(la
conosco a livello divulgativo dai libri di fisica generale: che cmq è
meglio di nulla) che è un bel campo di studi che viene trattato come
sai con l'uso dell'analisi funzionale.

E quindi ho studiato(parzialmente) l'analisi funzionale solo per
passione matematica. Cioè mi sono incuriosito e sono ancora curioso di
capire come si è sviluppato questo cammino fino ad arrivare
all'analisi funzionale.

Quando vidi per la prima volta gli operatori, fu una felice scoperta,
il fatto che si possa parlare di un operatore come continuo per
esempio.

Cioè, vedi che ti si apre un nuovo mondo matematico che è pur sempre
legato a nozioni precedenti: derivate, integrali ecc ecc.

Poi, se un giorno avrò voglia di affrontare uno studio più
approfondito sui trattati specialistici per studiare magari proprio la
meccanica quantistica avanzata, allora si è altro discorso, dove si
combina la conoscenza matematica con quella fisica, e c'è
quell'applicazione come dicevi tu.
Post by Archaeopteryx
Non ho nemmeno scuse perché il mio breviario di
fisica matematica ha un solo capitoletto
stringatissimo sull'analisi funzionale, ed è
straordinario non solo perché l'essenziale sta in
poche pagine ma anche perché introduce ogni concetto
a partire dalla fisica.
Kline(storico della matematica) dice che fu solo per caso che si notò
come l'analisi funzionale potesse essere utile per la meccanica
quantistica. Non saprei dirti sinceramente per quanto riguarda altri
esempi a partire dalla fisica.
Post by Archaeopteryx
Ma mi è ostico, c'è poco da
fare.
E allora bisogna cambiare libro:))
Quali conosci tu, di libri di analisi funzionale? Prova a vedere
Kreyszig, Introductory functional analysis. Fa pure gli esempi sulla
meccanica quantistica alla fine.

In italiano puoi provare a vedere il terzo volume(in due tomi) di
Amerio Luigi, Analizi matematica con elementi di analisi funzionale.
Non è in vendita ma è un po' in tutte le biblioteche di dipartimento e
magari anche in quelle comunali: prova a vedere il catalogo opac on
line.
Post by Archaeopteryx
Poiché esiste il testo che avrei sempre voluto
so che è un mio limite;
E quale è questo testo? Se hai capito che è quello che sempre hai
voluto significa che lo capisci:)) E' solo un problema di
applicazione, di tempo, di metodo, di memorizzazione ecc
Post by Archaeopteryx
vorrei tanto avere una mente
più matematica. Mi ci cruccio spesso e parecchio.
Ma io non penso che sia questo il problema. Io ho avuto periodi
durante i quali la matematica non l'ho proprio toccata, per il
semplice fatto che non serviva in quell'ambito, come quando mi sono
occupato un po' di neuroscienza per esempio, di biologia ecc.

Poi ho visto che per approfondire la fisica bisognava conoscere bene
la matematica. Ma la fisica non l'ho proprio toccata, tanto già la
conoscevo a livello di fisica generale uno e due.
Ed ecco che ritornai alla matematica fine a se stessa(parlo di anni
fa).

La matematica fine a se stessa è molto interessante, incuriosisce
molto. Basta trovare i temi che affascinano.

Basterebbe solo pensare all'infinitamente piccolo per farsi
affascinare.
E poi piano piano arriva sempre più curiosità e si va oltre. E' come
vedere un film, che ti appassione e vuoi vedere come va a finire. Ogni
tanto si fa una pausa, tra primo tempo, secondo tempo. Poi quel
regista fa un'altro film e uno continua ecc ecc:)
Così per la matematica, è un lungo racconto, che anche se non si
arriva alla fine(ai giorni nostri) perché è un racconto infinito
praticamente, però incuriosisce.

E poi lo puoi applicare per capire la cosmologia, che pure è
stimolante:)))

Se poi, uno deve limitarsi ad applicare tutto questo per costruire
qualche marchingegno, allora è normalissimo, è naturale che la
motivazione sta nel costruire il marchingegno, e tutto il resto,
cacciavite, matematica, ingegneria ecc, serve solo come strumento e
basta.

Io non conosco le tue attitudini, quindi non saprei dirti con
precisione. Però, a mio parere, ci si può appassionare alla matematica
fine a se stessa anche per un periodo limitato di tempo. Non è che
bisogna essere matematici di professione.

Noi tutti, abbiamo avuto varie passioni, varii innamoramenti, anche di
attrici di film, sono cose passeggere. La matematica può anche essere
un amore passeggero. Poi in futuro è facile innamorarsi di nuovo per
capire altre branche che servono:))

Ciao
A.

p.s. Oh!! Non ti dimenticare di dirmi di che libro parlavi:))))) MI
RACCOMANDO!!
Archaeopteryx
2009-10-22 18:29:50 UTC
Permalink
Ma mi è ostico, c'è poco da fare.
E allora bisogna cambiare libro:)) Quali conosci
tu, di libri di analisi funzionale? Prova a
vedere Kreyszig, Introductory functional
analysis. Fa pure gli esempi sulla meccanica
quantistica alla fine.
Io ho "Applied functional analysis" di Milne, non
ricordo il nome di battesimo. E' scritto per
ingegneri ed è chiarissimo; ne avrò esplorati almeno
5-6 ma meglio di questo credo sia difficile fare per
il mio modo di approcciare le cose. Non ho, insomma,
nessuna scusa se non mi applico. :/
vorrei tanto avere una mente più matematica. Mi
ci cruccio spesso e parecchio.
Ma io non penso che sia questo il problema. Io ho
avuto periodi durante i quali la matematica non
l'ho proprio toccata, per il semplice fatto che
non serviva in quell'ambito, come quando mi sono
occupato un po' di neuroscienza per esempio, di
biologia ecc.
Poi ho visto che per approfondire la fisica
bisognava conoscere bene la matematica. Ma la
fisica non l'ho proprio toccata, tanto già la
conoscevo a livello di fisica generale uno e due.
Ed ecco che ritornai alla matematica fine a se
stessa(parlo di anni fa).
Per me è molto diverso dal normale frequentatore di
questo NG. Se non vedo l'applicazione non capisco,
questo nel caso migliore. Nella realtà ci si mette
di mezzo l'età (poco) la motivazione (tanto) i fatti
personali (tanto: nel caso mio basta la mia normale
depressione a levarmi la voglia di fare alcunché) e
tante altre condizioni al contorno di vario peso.

Tanto per dare un'idea, se potessi tornare indietro,
scegliere cosa vorrei essere senza limitazioni,
insomma, il classico sogno controfattuale che ogni
tanto credo molti si ritrovino a fare, forse forse
non vorrei essere un Fermi o uno come Thomson, o uno
dei 4-5 fisici le cui bio hanno avuto su di me
sempre un enorme fascino. Mi piacerebbe essere un
gradino (non troppo alto!) al di sotto, restando a
metà tra fisica e ingegneria, per fare belle cose
sapendo che non tutti possono farle. Un esempio è lo
studio del vento sulle strutture importanti; quei
professionisti che coordinano grossi studi e
si occupano di strutture molto impegnative, sono
molto vicini a essere fisici di valore, anche se un
po' troppo specializzati per i miei gusti. Ma la
sanno comunque lunga perché a certi livelli è un
problema ingegneristicamente molto difficile.

Ecco, questa lunga manfrina per cercare di spiegare
che (per quanto ciò che vado a dire sia *realmente*
una bestemmia), fosse per me avrei lasciato il
concetto di limite grossomodo come stava all'inizio,
purché il calcolo differenziale funzionasse e
facesse fare delle cose. So bene che il legame tra
la teoria e la pratica è infinitamente più profondo,
cerco solo di rendere l'idea di cosa mi separi
dall'avere un atteggiamento matematico, qualsiasi
cosa possa voler dire. Ovviamente se fossi ingegnere
elettronico sposterei il limite minimo almeno a
Lebesgue e soci :D
p.s. Oh!! Non ti dimenticare di dirmi di che
libro parlavi:))))) MI RACCOMANDO!!
Et voila, Dennery P., Krzywicki A., "mathematics for
physicists", spero di aver copincollato bene visto
che quasi sicuramente qualsiasi clipboard di buon
senso riuscirebbe a memorizzare male un nome
esteuropeo :D Mai visto un taglio, una scelta degli
argomenti e un modo di scrivere che potessi trovare
più adatto a me e ne ho una copia ovunque io
possieda un letto e un comodino. Ovviamente annoto
sempre qualsiasi suggerimento capiti su questi
schermi e appena avessi occasione cercherei di dare
un'occhiata, potrei sempre scoprire un testo più
adatto, chi lo sa?

ciao!

Apx.
--
"Papà, cos'è un mostro? - Mia cara, così su tre piedi
proprio non te lo saprei dire"
Arcobaleno
2009-10-23 08:34:00 UTC
Permalink
On 22 Ott, 20:29, Archaeopteryx <
Post by Archaeopteryx
Io ho "Applied functional analysis" di Milne, non
ricordo il nome di battesimo. E' scritto per
ingegneri ed è chiarissimo; ne avrò esplorati almeno
5-6 ma meglio di questo credo sia difficile fare per
il mio modo di approcciare le cose. Non ho, insomma,
nessuna scusa se non mi applico. :/
Qui se ne è parlato spesso, e abbiamo svolto diverse critiche a tanti
libri di analizi funzionale, alla fine, io Simone e Peltio, notammo
che il libro di Kreyszig è straordinariamente facile, ovviamente in
relazione a tantissimii altri visti da me e anche da loro: Peltio ha
davvero una cultura in merito e li ha esplorati bene.

A mio parere, spesso può essere utile integrare due libri. Magari un
autore spiega bene una parte e l'altro autore un'altra parte. Oppure
cambiare autore, cambiare libro, può essere anche un incentivo non
solo psicologico ma anche pratico, perché si cambia il tizio che prova
a condurti nel mondo di quei concetti.

Però, se a monte ci sono altri problemi, di carattere generale, è
ovvio che bisogna non solo cambiare il libro, ma provare a sistemare
anche (gradualmente) altre cose.

A me farebbe davvero molto piacere (te lo dico sinceramente) parlare
un po' di analisi funzionale con te, proprio su questo ng. Quando
qualche concetto non è chiaro, o lo troviamo ostico, ci sono gli altri
che sicuramente ci daranno una mano.

Tieni presente che io vado proprio all'a b c, non parto in quarta
assolutamente.

Il libro che hai, parte dagli spazi metrici e topologici? Da per
scontata l'algebra lineare immagino e quindi il concetto di spazio
lineare( o vettoriale) astratto.

Ecco, questi concetti a te sono più o meno chiari, o li vogliamo
ripassare, approfondire un po'? E poi magari procediamo.

MI RACCOMANDO, FAMMI SAPERE!!!

A presto:)
A.

p.s.
Per le altre cose che hai voluto dire riguardo a te(cose personali),
poi magari se ne potrebbe parlare in pvt(per rispetto al ng, per non
andare in cose che non sono matematica).

E potrei darti dei consigli perché anche io ho avuto problemi analoghi
ai tuoi anche se tanti anni fa:)) Parlo di consigli precisi e non di
chiacchiere:))
Ma non mi dilungo e non penso che sia il caso di entrare nel personale
qui. Se vuoi, per quello possiamo sentirci in pvt. Mi dai un tuo
indirizzo(non so se sia questo) e io te ne do uno mio che non è
questo: questo in pvt per me non è più accessibile, lo uso solo per i
ng.
Archaeopteryx
2009-10-23 18:39:32 UTC
Permalink
Post by Arcobaleno
Qui se ne è parlato spesso, e abbiamo svolto
diverse critiche a tanti libri di analizi
funzionale, alla fine, io Simone e Peltio,
notammo che il libro di Kreyszig è
straordinariamente facile, ovviamente in
relazione a tantissimii altri visti da me e anche
da loro: Peltio ha davvero una cultura in merito
e li ha esplorati bene.
A mio parere, spesso può essere utile integrare
due libri. Magari un autore spiega bene una parte
e l'altro autore un'altra parte. Oppure cambiare
autore, cambiare libro, può essere anche un
incentivo non solo psicologico ma anche pratico,
perché si cambia il tizio che prova a condurti
nel mondo di quei concetti.
sicuramente allora ci darò un'occhiata!
Post by Arcobaleno
Però, se a monte ci sono altri problemi, di
carattere generale, è ovvio che bisogna non solo
cambiare il libro, ma provare a sistemare anche
(gradualmente) altre cose.
è certo che ci siano altri problemi, "noi a
ingegneria" di matematica ne abbiamo fatta
pochissima ma dico sempre che questo non mi scusa.
Una persona in gamba e motivata ne viene comunque a
capo, ma nel frattempo le cattive abitudini si sono
radicate :/
Post by Arcobaleno
A me farebbe davvero molto piacere (te lo dico
sinceramente) parlare un po' di analisi
funzionale con te, proprio su questo ng. Quando
qualche concetto non è chiaro, o lo troviamo
ostico, ci sono gli altri che sicuramente ci
daranno una mano.
Ho sempre trovato aiuto in rete, soprattutto qui e
nel NG di fisica. Sono certo che se avessi
difficoltà e le postassi qualcuno mi darebbe una mano.
Post by Arcobaleno
Tieni presente che io vado proprio all'a b c, non
parto in quarta assolutamente.
Il libro che hai, parte dagli spazi metrici e
topologici? Da per scontata l'algebra lineare
immagino e quindi il concetto di spazio lineare(
o vettoriale) astratto.
Ecco, questi concetti a te sono più o meno
chiari, o li vogliamo ripassare, approfondire un
po'? E poi magari procediamo.
MI RACCOMANDO, FAMMI SAPERE!!!
Detto fatto. Ho già citato l'episodio parecchio
tempo fa e lo rammento. Ai tempi dell'uni ero
rimasto con tante formule e tanti concetti che non
si integravano. Neo l'ha espresso molto bene in un
post non ricordo se qui o nel NG di fisica. Un
giorno, in un corso inserito in un contesto
successivo alla laurea capita un corso di teoria
delle strutture. Il prof divise la lavagna in due
con una linea verticale. Per ogni passaggio, anche
complicato disegnava cosa accadeva a una struttura.
Restai allibito e se mi capita di spiegare qualcosa
a qualcuno cerco di fare tesoro di quel corso
memorabile. Mi incavolai che questo non fosse stato
fatto prima ma è un'altra storia eppoi i docenti in
gamba intesi come non solo "sapienti" ma anche con
capacità didattiche non sono comunissimi a ingegneria.

Nel caso dell'analisi funzionale dovrebbe essere
possibile fare qualcosa del genere; in fondo non
credo che certi concetti astratti siano emersi dal
niente ma *ipotizzo* che possano essere introdotti e
sviluppati con esempi grafici nel normale spazio
euclideo a 2-3 dimensioni. Non mi illudo di trovare
un testo di analisi funzionale con le pagine divise
in due e testo a sinistra e figure a destra ma non
si sa mai :D

Il fatto è che quelli che consideri preliminari
grossomodo li conosco. E' quando le cose si fanno un
po' più difficili che mi impallo. E occorre sempre
mantenere un equilbrio incontrandosi a metà strada
con chi sta spiegando, libro o docente che sia. Gli
posso chiedere di arrivare a metà strada, ma c'è una
metà che è doveroso che percorra io, e cerco di non
dimenticarlo mai. Di solito se non capisco qualcosa
è perché non mi impegno, certo a meno di argomenti
totalmente al di là delle mie capacità.
Post by Arcobaleno
Per le altre cose che hai voluto dire riguardo a
te(cose personali), poi magari se ne potrebbe
parlare in pvt(per rispetto al ng, per non andare
in cose che non sono matematica).
Ah, grazie ma non le percepivo come personali. Era
solo per cercare di rendere l'idea di cosa frulla
nel mio cervello quando trovo ostacoli
nell'apprendimento, e l'ho solo presa alla larga.
Nel caso me ne scuso, non credo che la mia vita sia
oggettivamente interessante...

ciao!

Apx.
--
Un filosofo tenta di rimorchiare una tipa: "tutti
gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, quindi
Socrate è mortale". "Ah, deduttore..."
Arcobaleno
2009-10-24 05:47:43 UTC
Permalink
On 23 Ott, 20:39, Archaeopteryx <
Post by Archaeopteryx
Il fatto è che quelli che consideri preliminari
grossomodo li conosco. E' quando le cose si fanno un
po' più difficili che mi impallo.
E' normale, tutti noi mettiamo più tempo per apprendere le cose più
difficili. Se tu però molli subito e vuoi risolvere in mezz'ora
qualcosa di difficile è ovvio che ti impalli, ma non perché non sei in
grado di capirla, ma perché ti dai poco tempo.

Però secondo me, questa cosa uno non la capisce fino a quando qualcuno
non glielo dimostra concretamente.

Tu ora sei convinto che ci sono delle cose che non puoi capire: hai
detto di essere limitato.

Io vorrei dimostrarti che non è così. Perché se hai capito l'analisi
matematica sei in grado di capire TUTTO IL RESTO.
Il concetto più difficile(perché alla fine comunque nessun essere
umano lo potrà mai capire) è quello di infinito.

Ora, se uno si abitua ad avere a che fare con quel concetto in
analisi, ha in pratica superato il vero ed UNICO ostacolo. Il resto
sono astrazioni, generalizzazioni, e per capirle basta partire dai
casi CONCRETI.

Per esempio tu sai cosa è uno spazio metrico e perché si ha proprio
quella struttura?
Ecco, dimmi cosa sai, cosa ne pensi della struttura di spazio metrico,
e ti dimostro immediatamente senza giri di parole che è una cosa
talmente concreta che alla fine uno dice: accidenti......ma è proprio
così banale??

Ciao
A.

p.s. vedi nei libri, copia gli assiomi, e spiegali per favore. Poi ti
faccio vedere che sono di una banalità incredibile, e solo dopo aver
fatto i varii esempi si possono SUBITO applicare.

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