Discussione:
differenziale, delta x e dx
(troppo vecchio per rispondere)
alessio.sogliani
2006-07-23 19:48:41 UTC
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Ma perchè spesso, nei libri di fisica e di matematica del liceo si dice
genericamente che "delta x" è una quantità "finita" mentre "dx" è una
quantità infinitesima, salvo poi, una volta introdotto il differenziale,
dimostrare che delta x = dx ???

Infatti ll differenziale così come introdotto "al liceo" viene definito
semplicemente come prodotto fra la derivata (in un punto...) e un
incremento delta x.
Poi, come esempio, si calcola il differenziale della funzione y = x,
arrivando a delta x = dx.

grazie in anticipo

C'è evidentemente quelche passaggio logico che non capisco, ma non
riesco a saltarci fuori.
Enrico Gregorio
2006-07-23 20:45:01 UTC
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Post by alessio.sogliani
Ma perchè spesso, nei libri di fisica e di matematica del liceo si dice
genericamente che "delta x" è una quantità "finita" mentre "dx" è una
quantità infinitesima, salvo poi, una volta introdotto il differenziale,
dimostrare che delta x = dx ???
Infatti ll differenziale così come introdotto "al liceo" viene definito
semplicemente come prodotto fra la derivata (in un punto...) e un
incremento delta x.
Poi, come esempio, si calcola il differenziale della funzione y = x,
arrivando a delta x = dx.
C'è evidentemente quelche passaggio logico che non capisco, ma non
riesco a saltarci fuori.
Non sei l'unico. ;-)

La "dimostrazione" che "delta x=dx" non vale la carta su cui è scritta.

Ci saranno le solite rimostranze alla seguente affermazione: non
esistono "quantità infinitesime". Per essere più precisi, è scorretto
parlare di cose del genere senza inquadrarle in un contesto rigoroso
(cosa che i libri del liceo si guardano bene dal fare).

In molte situazioni fisiche, la derivata di una funzione si può pensare
come se si facesse il quoziente fra due quantità infinitesime: la
velocità istantanea è definita infatti come il limite della velocità
media al tendere a zero dell'intervallo di tempo in cui è misurata.
Ma un'analisi più attenta mostra i pericoli di questo approccio, che va
considerato solo un aiuto all'intuizione. Quanto alla "dimostrazione",
che si trova purtroppo in molti libri, è un insulto all'intelligenza.

Va più o meno così: data una funzione y=f(x), si definisce differenziale
della funzione nel punto x il numero f'(x) moltiplicato un fantomatico
"delta x" e si denota con dy; dunque dy=f'(x)"delta x". Nel caso della
funzione y=x, si ha allora dy=delta x; ma y=x, quindi "delta x"=dx e
possiamo scrivere in generale dy=f'(x)dx.

Ovviamente ciò non ha alcun senso. Non preoccuparti se non la capisci,
ti assicuro che è una successione di parole senza senso. È evidente che
il simbolo "y" usato in più punti della "dimostrazione" ha significati
ben diversi in ciascun punto dove appare e non è ammissibile usarlo
senza tenere conto di ciò. In realtà, scrivere "y=f(x)" è già di per
sé un non senso.

Ciao
Enrico
alessio.sogliani
2006-07-23 21:02:48 UTC
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Enrico Gregorio <***@math.unipd.it> ha scritto:

[CUT]

Non faccio domande mirate sul tuo intervento, magari lo faccio domani.
Ma io dovvero vorrei vederci chiaro su questa cosa: mi sapresti
consigliare un libro, un articolo, anche in inglese, in cui si spiega in
modo oltre che analitico anche "storico" questo problema, magari
contemplando anche il fatto che nella didattica si fa spesso confusione su
questi "differenziali" ?
Enrico Gregorio
2006-07-23 22:06:00 UTC
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Post by alessio.sogliani
Non faccio domande mirate sul tuo intervento, magari lo faccio domani.
Ma io dovvero vorrei vederci chiaro su questa cosa: mi sapresti
consigliare un libro, un articolo, anche in inglese, in cui si spiega in
modo oltre che analitico anche "storico" questo problema, magari
contemplando anche il fatto che nella didattica si fa spesso confusione su
questi "differenziali" ?
Traduco da J. Dieudonné, Foundations of modern analysis, introduzione
al capitolo 8, Differential calculus.

"L'idea fondamentale del calcolo è l'approssimazione con funzioni
lineari. Nella didattica tradizionale del calcolo quest'idea è
immediatamente oscurata dal fatto accidentale che in uno spazio
vettoriale di dimensione uno c'è una corrispondenza biunivoca fra forme
lineari e numeri e perciò la derivata di una funzione in un punto è
definita come /numero/ invece che come /forma/ /lineare/. Questa servile
sottomissione al desueto principio dell'interpretazione numerica a tutti
i costi diventa ancora peggiore quando si deve trattare con funzioni di
più variabili. Si arriva, per esempio, alla classica formula (8.9.2) che
dà le derivate parziali di una funzione composta, la quale ha perso ogni
traccia di significato intuitivo, dove invece l'enunciato naturale del
teorema è che la derivata (totale) di una funzione composta è la
composizione delle derivate, una chiara formulazione quando si pensa in
termini di approssimazioni lineari."

È evidente che questa interpretazione del differenziale come funzione
a valori in uno spazio di funzioni lineari è importante quando si parla
di funzioni di più variabili. Il libro di Dieudonné è un chiaro esempio
di come una maggiore astrazione rende le cose molto più semplici; a me
è sempre piaciuta la sua trattazione del teorema di Dini, dove invece
di fare conti pazzeschi si limita a considerare il dominio come prodotto
di due aperti.

Naturalmente so bene che per arrivare a questo livello di astrazione
è bene prima farsi le ossa con i conti; ma non è certo l'introduzione
del concetto fasullo di differenziale fatto in certi corsi che aiuta
in questo senso.

Ciao
Enrico
Giorgio Pastore
2006-07-23 22:35:32 UTC
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Spero di non essere accusato di eresia :-) Ma il punto di vista di
Dieudonne' mi sembra un po' troppo estremista. D' accordo che c'e'
una fondazione più generale del concetto di differenziale. Ma non
avrei tanto la puzza sotto il naso sulla possibilità di usare approcci
più legati alla computabilità numerica.

Giorgio
Enrico Gregorio
2006-07-23 23:03:18 UTC
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Post by Giorgio Pastore
Spero di non essere accusato di eresia :-) Ma il punto di vista di
Dieudonne' mi sembra un po' troppo estremista. D' accordo che c'e'
una fondazione più generale del concetto di differenziale. Ma non
avrei tanto la puzza sotto il naso sulla possibilità di usare approcci
più legati alla computabilità numerica.
La calcolabilità numerica non c'entra affatto, si sta parlando di
fondazione teorica del calcolo differenziale. Introdurre il
differenziale di funzioni di più variabili /dopo/ quello di derivata
parziale è un errore sia concettuale che didattico. Se poi vogliamo
/calcolare/ il differenziale, un metodo possibile è quello delle
derivate parziali.

La trattazione che fai nell'altro messaggio è appunto quella di
Dieudonné: il differenziale in un punto è la funzione lineare che
meglio approssima la funzione data in quel punto, cioè quella funzione
lineare h tale che ||f(x)-f(x_0)-h(x-x_0)|| va a zero più rapidamente
di ||x-x_0||. Qui, naturalmente, x e x_0 sono elementi di R^n e ||v||
indica la norma.

Ciao
Enrico
Giorgio Pastore
2006-07-24 04:59:03 UTC
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...Introdurre il
differenziale di funzioni di più variabili /dopo/ quello di derivata
parziale è un errore sia concettuale che didattico. Se poi vogliamo
/calcolare/ il differenziale, un metodo possibile è quello delle
derivate parziali.
Io convengo sulla maggior potenza di un approccio "intrinseco", come
miglior approssimazione lineare, in vista delle generalizzazioni e
anche sul fatto che offra una miglior comprensione di quello che si sta
facendo. Non rifiuterei però un approccio più "dal basso" in cui prima
si definiscono le derivate parziali, poi si definisce il differenziale
come applicazione lineare da R^n a R mediante le derivate parziali e
alla fine si dimostra che la differenza tra variazione della funzione
per qualsiasi variazione delle variabili indipendenti e differenziale
va a zero più rapidamente della norma di ||x-x_0||. A questo punto si
osserva che si potrebbe "ribaltare" questa linea di ragionamento e
*definire* le stesse derivate parziali come coefficienti della migliore
approssimazione lineare alla variazione della funzione.

Sarà meno soddisfacente ma cosa ci trovi di *errato* concettualmente
in questa sequenza ?

Ciao

Giorgio
Enrico Gregorio
2006-07-24 10:28:25 UTC
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Post by Giorgio Pastore
Io convengo sulla maggior potenza di un approccio "intrinseco", come
miglior approssimazione lineare, in vista delle generalizzazioni e
anche sul fatto che offra una miglior comprensione di quello che si sta
facendo. Non rifiuterei però un approccio più "dal basso" in cui prima
si definiscono le derivate parziali, poi si definisce il differenziale
come applicazione lineare da R^n a R mediante le derivate parziali e
alla fine si dimostra che la differenza tra variazione della funzione
per qualsiasi variazione delle variabili indipendenti e differenziale
va a zero più rapidamente della norma di ||x-x_0||. A questo punto si
osserva che si potrebbe "ribaltare" questa linea di ragionamento e
*definire* le stesse derivate parziali come coefficienti della migliore
approssimazione lineare alla variazione della funzione.
Sarà meno soddisfacente ma cosa ci trovi di *errato* concettualmente
in questa sequenza ?
La penso esattamente come Dieudonné: partire dalle derivate parziali
nasconde l'idea fondamentale dell'approssimazione lineare. E sai bene
che l'esistenza delle derivate parziali non implica la differenziabilità
se non in casi particolari (derivate parziali continue). Viceversa
la differenziabilità implica l'esistenza, ma non la continuità, di
tutte le derivate direzionali. Le derivate parziali e il differenziale
sono concetti legati ma /distinti/.

Ciao
Enrico
Giorgio Pastore
2006-07-24 10:50:06 UTC
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Enrico Gregorio wrote:
...
Post by Enrico Gregorio
La penso esattamente come Dieudonné: partire dalle derivate parziali
nasconde l'idea fondamentale dell'approssimazione lineare. E sai bene
che l'esistenza delle derivate parziali non implica la differenziabilità
se non in casi particolari (derivate parziali continue). Viceversa
la differenziabilità implica l'esistenza, ma non la continuità, di
tutte le derivate direzionali. Le derivate parziali e il differenziale
sono concetti legati ma /distinti/.
Nulla da obiettare ne' a te ne´ a Dieudonne'. Tuttavia dire che
"nasconde" non vuol dire che sia errato. Io ti avevo chiesto cosa
vedevi di * errato* nella sequenza che avevo proposto (e che,
ovviamente, non ho inventato io ma è una delle tradizioni didattiche
sull' argomento).

Giorgio
Enrico Gregorio
2006-07-24 11:49:41 UTC
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Post by Giorgio Pastore
...
Post by Enrico Gregorio
La penso esattamente come Dieudonné: partire dalle derivate parziali
nasconde l'idea fondamentale dell'approssimazione lineare. E sai bene
che l'esistenza delle derivate parziali non implica la differenziabilità
se non in casi particolari (derivate parziali continue). Viceversa
la differenziabilità implica l'esistenza, ma non la continuità, di
tutte le derivate direzionali. Le derivate parziali e il differenziale
sono concetti legati ma /distinti/.
Nulla da obiettare ne' a te ne´ a Dieudonne'. Tuttavia dire che
"nasconde" non vuol dire che sia errato. Io ti avevo chiesto cosa
vedevi di * errato* nella sequenza che avevo proposto (e che,
ovviamente, non ho inventato io ma è una delle tradizioni didattiche
sull' argomento).
Mi pare di averlo detto: la derivabilità parziale rispetto a ogni
variabile non implica la differenziabilità (e nemmeno la continuità)
della funzione. Sono due concetti ovviamente collegati, ma distinti.
Con le derivate parziali si ha un'idea distorta di come va la faccenda,
con le ovvie conseguenze quando si parla di varietà e di cambiamento
delle coordinate locali: è evidente che la differenziabilità è
indipendente dal sistema di coordinate locali. Visto che sei un fisico,
dovresti saperlo bene. ;-)

Ciao
Enrico
Giorgio Pastore
2006-07-24 15:22:20 UTC
Permalink
Enrico Gregorio wrote:
..
Post by Enrico Gregorio
Mi pare di averlo detto: la derivabilità parziale rispetto a ogni
variabile non implica la differenziabilità (e nemmeno la continuità)
della funzione. Sono due concetti ovviamente collegati, ma distinti.
...
Certo ma basta sottolineare la differenza per non avere o indurre in
errore. Comunque credo di aver capito meglio il punto sulla maggior
semplicità didattica. Grazie.

Giorgio

Giorgio Pastore
2006-07-23 22:30:46 UTC
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Post by alessio.sogliani
Ma perchè spesso, nei libri di fisica e di matematica del liceo si dice
genericamente che "delta x" è una quantità "finita" mentre "dx" è una
quantità infinitesima, salvo poi, una volta introdotto il differenziale,
dimostrare che delta x = dx ???
Infatti ll differenziale così come introdotto "al liceo" viene definito
semplicemente come prodotto fra la derivata (in un punto...) e un
incremento delta x.
Poi, come esempio, si calcola il differenziale della funzione y = x,
arrivando a delta x = dx.
C'è evidentemente quelche passaggio logico che non capisco, ma non
riesco a saltarci fuori.
Secondo me il problema centrale sta nel pessimo uso, senza spiegazioni,
dei termini "finito" o "infinitesimo" di una certa tradizione didattica
di fisici che probabilmente l' hanno ereditata in modo acritico da un
passato remoto...

Infatti l' uso del termine infinitesimo (finito sta per "non
infinitesimo") in modo subdolo (perché nessuno lo ammette
esplicitamente) riprende in modo ingenuo il fossile degli infinitesimi
in atto della preistoria dell' analisi.

Ora, lasciando da parte la possibilità di dare una veste rigorosa agli
infinitesimi all' interno dell' analisi non standard (se ne era
parlato su questo NG non molto tempo fa), si può mettere la storia dei
differenziali in forma coerente e rigorosa a patto di dimenticare l'
accezione naif del termine infinitesimo.

Nell' analisi standard post-Cauchy, l' aggettivo infinitesimo ha
cittadinanza ma solo per indicare una quantità che ha limite zero. Si
può parlare p.es. di successione infinitesima per indicare che la
successione ha limite zero o di funzione infinitesima per indicare
anche in questo caso che il limite è zero.

Fatta questa premessa sugli infinitesimi, veniamo ai differenziali.
Per ogni funzione definita nel sottoinsieme X di R e derivanbile nel
punto x0, si può definire differenziale della funzione f in x0 l'
applicazione che a ciascun x appartenente a R associa il numero
f'(x0)(x-x0). Volendo, si può utilizzare l' abbreviazione Delta x per
x-x0 ma vedi bene che si tratta di una normale differenza tra reali che
può assumere valori arbitrari (grandi o piccoli).
Un modo per indicare questa applicazione (il differenziale) è mediante
il simbolo df ma la notazione non è delle più felici (mancando
riferimenti a x e x0).

Dalla definizine di differenziale e da questa notazione, segue che data
l' applicazione x ->x, si può dare significato all' affermazione dx
= Deltax. Da notare però che non si sta uguagliando nessuna quantità
finita a quantità infinitesime o oltri orrori simili. Si sta solo
dicendo (con una notazione non bellissima) che il differenziale di x->x
coincide, per ogni punto x0 con la funzione (x-x0).

Dove entrano allora gli infinitesimi o gli "incrementi piccoli" della
tradizione dei fisici ? Nell' uso che si fa frequentemene in fisica del
cosiddetto teorema del differenziale.
Il teorema afferma che per ogni funzione derivabile in x0 la differenza
tra f(x)-f(x0) e df=f'(x0)(x-x0) va a zero (in valore assoluto) più
rapidamente di (x-x0).

Questo significa che per funzioni di questo tipo, il differenziale
costituisce la migliore approssimazione alla funzione nell' intorno di
x0. Ovvero, ritrovando la tradizione dei fisici, per x
sufficientemente prossimi a x0 (i famosi dx infinitesimi) sostituire df
a Delta f = f(x)-f(x0) corrisponde ad un errore che va a zero più
rapidamente di (x-x0).

Giorgio
Lorents
2006-07-24 08:43:16 UTC
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Post by alessio.sogliani
Ma perchè spesso, nei libri di fisica e di matematica del liceo si dice
genericamente che "delta x" è una quantità "finita" mentre "dx" è una
quantità infinitesima, salvo poi, una volta introdotto il differenziale,
dimostrare che delta x = dx ???
[...]

Posso suggerirti di cercare su http://groups.google.it/advanced_search?hl=it
i seguenti filoni apparti su it.scienza.matematica e che discutono proprio
della annosa questione che sollevi:

"Differenziale ed infinitesimi" (26 Feb 2003)
"Ancora Differenziale" (8 Apr 2002)
"Differenziale" (5 Apr 2002)
"Infinitesimi attuali in fisica: Leibnitz redivivo" (28 Ago 2001)

Ciao, Lorenzo
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