Discussione:
Un campo indivergente e' il rotore di un campo.
(troppo vecchio per rispondere)
Tetis
2006-10-09 19:07:17 UTC
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Se div(B) = 0 allora esiste A tale che rot(A) = B.
Questo risultato generalizza a piu' dimensioni? Ovvero sara'
generalmente vero che se una N-1 forma e' indivergente allora
questa forma e' il differenziale esterno di una N-2 forma?
Se si questo risultato si generalizza ulteriormente? Inoltre:
in tre dimensioni risulta che l'aggiunto di Hodge del differenziale esterno
di A uguaglia l'aggiunto di Hodge della forma antisimmetrica associata a B.
Ed in generale pero' se parto da una 1-forma trovo un aggiunto di Hodge
del suo differenziale di dimensione N-2. Ho le idee un po' confuse.



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Tetis
2006-10-09 19:32:34 UTC
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Se div(b) = 0 allora esiste a tale che rot(a) = b.
Questo risultato generalizza a piu' dimensioni? Ovvero sara'
generalmente vero che se una N-1 forma e' indivergente allora
questa forma e' il differenziale esterno di una N-2 forma?
in tre dimensioni risulta che l'aggiunto di Hodge del differenziale esterno
di A uguaglia l'aggiunto di Hodge della forma antisimmetrica associata a B.
Ed in generale pero' se parto da una 1-forma trovo un aggiunto di Hodge
del suo differenziale di dimensione N-2. Ho le idee un po' confuse.
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Parlando con Cartan dice: se una forma e' il differenziale esterno di
un'altra
allora il suo differenziale esterno si annulla. La divergenza puo' essere
espressa come
duale del differenziale esterno del duale e puo' essere visto come
codifferenziale. Il rotore
e' il duale del differenziale esterno. Se possiamo affermare che dalla
circostanza che
d(b)=0 segue b = da allora possiamo anche affermare che
se *d(*b)=0 segue che b = *da? Ovvero da div(b)=0 segue che b = rot(a)?
Per concludere questo basta osservare che il duale di Hodge e'
un'involuzione di forme.
Cioe' *(*a)=a. Inoltre possiamo scoprire anche che:
rot(*b)=0 implica b=rot(a). Ovvero piu' semplicemente che se rot(b)=0 allora
b=da
E tutte queste relazioni generalizzano i teoremi della forma gradiente di un
potenziale
irrotazionale e della forma rotore dei potenziali solenoidali purche' si
dimostri, nel contesto
delle funzioni di studio che valga che db=0 implica esiste a in modo che
b=da.

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ex-matematico
2006-10-09 21:16:40 UTC
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Post by Tetis
Se div(B) = 0 allora esiste A tale che rot(A) = B.
Fatte le debite traduzioni nel linguaggio delle forme differenziali tramite
scelta di un orientamento e dualita' di Hodge, quanto dici equivale a dire
che ogni 2-forma differenziale chiusa e' esatta, ovvero che il secondo
spazio di coomologia reale e' zero. La cosa non e' vera in generale.

ex-matematico
Post by Tetis
Questo risultato generalizza a piu' dimensioni? Ovvero sara'
generalmente vero che se una N-1 forma e' indivergente allora
questa forma e' il differenziale esterno di una N-2 forma?
in tre dimensioni risulta che l'aggiunto di Hodge del differenziale esterno
di A uguaglia l'aggiunto di Hodge della forma antisimmetrica associata a B.
Ed in generale pero' se parto da una 1-forma trovo un aggiunto di Hodge
del suo differenziale di dimensione N-2. Ho le idee un po' confuse.
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Tetis
2006-10-10 11:59:12 UTC
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Post by ex-matematico
Post by Tetis
Se div(B) = 0 allora esiste A tale che rot(A) = B.
Fatte le debite traduzioni nel linguaggio delle forme differenziali tramite
scelta di un orientamento e dualita' di Hodge, quanto dici equivale a dire
che ogni 2-forma differenziale chiusa e' esatta, ovvero che il secondo
spazio di coomologia reale e' zero. La cosa non e' vera in generale.
Grazie. Sono consapevole di questo.
Ma in questo caso non stavo pensando a forme su varietà sconosciute,
ma a forme concrete in R^n. In effetti è vera globalmente se i
coefficienti della forma sono C^1(R^n) e mi pare che la condizione possa
essere indebolita, sia rispetto alla condizione di regolarità: nel senso che
basta che gli integrali delle forme e delle loro derivate siano continui in
un
certo senso, sia rispetto alla topologia del supporto, nel senso della
dualità di De Rham. Ma ho le idee un pò confuse su quest'ultimo punto,
ed in effetti stavo pensando ad una ulteriore domanda di approfondimento.
La propongo dopo qualche esempio:

Nel caso R^3, ad esempio kxr = (-y,x,0) ha divergenza nulla
ed è il rotore di (0,0,xy) o anche di (0,0,(x^2-y^2)/2). Poichè la
forma è univocamente determinata a meno di una forma ulteriore
di differenziale nullo, nella fattispecie si vede che il differenziale
esterno di (0,0,(xx-2xy-yy)) è nullo.
In generale se il rotore di un campo è nullo allora
si ottiene facilmente la funzione di cui è gradiente e l'unica condizione è
che la forma integrale delle equazioni differenziali abbia senso. In
concreto, per
trovare di quale funzione un campo indivergente è rotore, conviene passare
per
il duale di Hodge del campo, e quindi ottenere il campo di cui questo è
rotore
integrando la corrispondente forma su un cammino a partire da un punto dove
il valore della forma sia stato assegnato.

Poichè la forma in considerazione ha derivata esterna
nulla risulta che questi integrali dipendono solo dal punto iniziale e dal
punto
finale (per via del teorema di Stokes applicato alle superfici che ammettono
la differenza fra due cammini come bordo) e sono nulli se il punto iniziale
e
finale coincidono. Da notare che nel caso in cui la forma fosse stata
definita in due dimensioni (-y,x) allora questa ha divergenza nulla ed è il
rotore
di (x^2-y^2)/2, definita a meno di una costante, anche se in due dimensioni
è inusuale, questa definizione di rotore è perfettamente definito come duale
di Hodge del differenziale esterno della zero forma. Il differenziale
esterno di
questa forma è xdx-ydy il cui duale di Hodge è xdy-ydx. Notare che passando
da tre dimensioni a due la libertà funzionale della primitiva diminuisce.
Come vedi mi sembra di non avere particolari diffoltà fino a qui.
Tuttavia un dubbio sull'applicazione del teorema di Stokes alle
sottovarietà mi sorge.

La domanda che volevo proporre è questa: supponiamo adesso che
le forme siano ovunque definite in R^n, siano di classe C^1,
eccetto un insieme di punti di codimensione non inferiore a due (ovvero
la forma è definita e di classe C^1 ovunque in un dominio
connesso la cui chiusura coincide con R^n) Come sappiamo, in questo
caso può verificarsi che fra due cammini non si abbia coincidenza delle
forme perchè per applicare il teorema di Stokes si richiede l'assenza di
singolarità nelle derivate, che tuttavia può verificarsi alle frontiere del
dominio
di definizione della forma (detto in altre parole la varietà di definizione
della forma
ha un bordo irriducibile in corrispondenza del punto singolare).

Ora nel caso delle forme definite su un piano
noi sappiamo che nonostante questa difficoltà
esiste un rivestimento della varietà su cui la forma
primitiva è ben definita e continua e c'è una corrispondenza fra le
superfici
di Riemann per le funzioni di una variabile complessa e queste superfici
per le forme differenziali.

Ma come si chiamano queste estensioni nel
caso di R^n? Per un esempio concreto avrei pensato al caso di una
forma singolare lungo un dato cerchio che ha la proprietà che le
circuitazioni
intorno a questo cerchio sono non nulle. E' abbastanza semplice dimostrare
che il valore dell'integrale di circuitazione non dipende comunque dalla
posizione
della circuitazione, purchè questa sia concatenata al cerchio è una costante
che
in un certo senso caratterizza il cerchio. Quello che mi sembra è che se una
forma in R^3 è definita ovunque tranne che in un punto in cui è singolare
allora
può verificarsi che l'integrale di superficie della forma caratterizzi la
singolarità
con un numero costante che non dipende dalla superficie che lo racchiude.

Ora risulta che su ogni dominio aperto la forma può essere vista come
il rotore di un campo vettoriale, ma non ho ancora afferrato, in questo
caso,
quale sia la difficoltà ad estendere la definizione a tutto il dominio di
definizione
della forma, che sussista una difficoltà si vede da questo: se esiste
rot(A)=B
e consideriamo
un tetraedro che contiene il punto di singolarità, risulta che la
circuitazione della primitiva
(il campo il cui rotore uguaglia, ad esempio, il campo elettrico di una
carica)
lungo il perimetro orientato di una faccia del tetraedro è pari al flusso
del
campo (elettrico) attraverso la faccia medesima del tetraedro. La somma
delle
circuitazioni di un campo risulta compensarsi esattamente a zero. Perchè
ogni lato viene percorso due volte ma in versi contrapposti. La somma dei
quattro flussi tuttavia non può essere pari a zero. D'altra parte sembra che
l'integrale della forma aggiunta (una due-forma nel caso dell'aggiunto di
Hodge
in tre dimensioni del campo elettrico) non dipenda dal cammino, per via del
teorema
di Stokes, qualunque sia questo cammino.

In conclusione a me sembra che per potere definire un campo vettoriale il
cui
rotore sia pari ad un assegnato campo indivergente basta che le singolarità
non ostruiscano la riduzione dei loop ad un punto. In altre parole che il
primo gruppo
fondamentale di omotopia, il gruppo dei loop, si riconduca all'identità. Nel
caso
di un cerchio di singolarità in R^3 questo non è vero ed il primo gruppo di
omotopia,
ovvero il gruppo fondamentale è isomorfo a Z. Nel caso del punto singolare è
il
secondo gruppo di omotopia ad essere non banale.
Post by ex-matematico
ex-matematico
Post by Tetis
Questo risultato generalizza a piu' dimensioni? Ovvero sara'
generalmente vero che se una N-1 forma e' indivergente allora
questa forma e' il differenziale esterno di una N-2 forma?
in tre dimensioni risulta che l'aggiunto di Hodge del differenziale
esterno
Post by Tetis
di A uguaglia l'aggiunto di Hodge della forma antisimmetrica associata a
B.
Post by Tetis
Ed in generale pero' se parto da una 1-forma trovo un aggiunto di Hodge
del suo differenziale di dimensione N-2. Ho le idee un po' confuse.
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ex-matematico
2006-10-10 15:05:49 UTC
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Post by Tetis
Ora risulta che su ogni dominio aperto la forma può essere vista come
il rotore di un campo vettoriale
Non basta che la forma sia chiusa su un dominio aperto di R^3. Per esempio
puoi costruire 2-forme chiuse, ma non esatte in R^3 meno l'origine.
Post by Tetis
In conclusione a me sembra che per potere definire un campo vettoriale il
cui
rotore sia pari ad un assegnato campo indivergente basta che le singolarità
non ostruiscano la riduzione dei loop ad un punto. In altre parole che il
primo gruppo
fondamentale di omotopia, il gruppo dei loop, si riconduca all'identità.
Non so dove sbagli, ma senza dubbio l'esistenza di un potenziale per un
qualunque campo solenoidale liscio in un aperto di R^3 e' equvalente
all'annullarsi del secondo gruppo di coomologia a coefficienti reali.


Nel
Post by Tetis
caso
di un cerchio di singolarità in R^3 questo non è vero ed il primo gruppo di
omotopia,
ovvero il gruppo fondamentale è isomorfo a Z.
Il gruppo fondamentale di R^3 meno un cerchio (suppongo tu intenda
circonferenza) e' Z + Z. Se invece per cerchio intendi un disco, allora e'
0.

ex-matematico

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Tetis
2006-10-10 15:50:23 UTC
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Post by ex-matematico
Non so dove sbagli, ma senza dubbio l'esistenza di un potenziale per un
qualunque campo solenoidale liscio in un aperto di R^3 e' equvalente
all'annullarsi del secondo gruppo di coomologia a coefficienti reali.
Come dicevo l'errore che commettevo era nell'applicare Stokes quando
la forma non è di rango pari alla dimensione del bordo della
varietà.
Post by ex-matematico
Nel
Post by Tetis
caso
di un cerchio di singolarità in R^3 questo non è vero ed il primo gruppo
di
Post by Tetis
omotopia,
ovvero il gruppo fondamentale è isomorfo a Z.
Il gruppo fondamentale di R^3 meno un cerchio (suppongo tu intenda
circonferenza) e' Z + Z. Se invece per cerchio intendi un disco, allora e'
0.
Circa il disco mi torna, ma io intendevo la circonferenza
in effetti e non mi è chiaro. Cioè troverei Z+Z come gruppo
di omotopia di un toro perchè ci sono i cicli allacciati
esternamente al toro ed i cicli allacciati internamente
al toro. Ma qui i cicli che non si riducono
ad un punto dovrebbero essere solo quelli allacciati esternamente.
Post by ex-matematico
ex-matematico
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Tetis
2006-10-10 16:33:31 UTC
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Post by Tetis
Post by ex-matematico
Il gruppo fondamentale di R^3 meno un cerchio (suppongo tu intenda
circonferenza) e' Z + Z. Se invece per cerchio intendi un disco, allora e'
0.
Circa il disco mi torna, ma io intendevo la circonferenza
in effetti e non mi è chiaro. Cioè troverei Z+Z come gruppo
di omotopia di un toro perchè ci sono i cicli allacciati
esternamente al toro ed i cicli allacciati internamente
al toro. Ma qui i cicli che non si riducono
ad un punto dovrebbero essere solo quelli allacciati esternamente.
Riformula la questione iniziale: sappiamo che la condizione che
db=0 è necessaria all'esistenza di una forma a tale che da=b.

I) Quale condizione è sufficiente?
II) Come si trova in pratica la forma primitiva?

Esempio: la forma ydx-xdy ha duale di Hodge:
-y dy^dz - x dx^dz (il cui differenziale esterno è
certamente nullo) che ammette la primitiva
[(-x^2-y^2)/2]dz. In questo caso per ogni piano
a z costante la 2-forma si riduce ad una 1-forma
chiusa su supporto semplicemente connesso
e per questo esiste la primitiva. Forse
localmente basta verificare la stessa condizione.

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ex-matematico
2006-10-10 17:22:25 UTC
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Post by Tetis
I) Quale condizione è sufficiente?
Intendi dire: esiste una condizione piu' debole dell'annularsi del secondo
numero di Betti che assicura l'esistenza di un potenziale?
Post by Tetis
II) Come si trova in pratica la forma primitiva?
Integrando come si imparava nei corsi di Analisi al biennio (vedi Giusti).
Ma immagino che tu cerchi qualche trucco e su questo proprio non so
aiutarti.

ex-m

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ex-matematico
2006-10-11 07:10:58 UTC
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Post by ex-matematico
Post by Tetis
I) Quale condizione è sufficiente?
Intendi dire: esiste una condizione piu' debole dell'annularsi del secondo
numero di Betti che assicura l'esistenza di un potenziale?
Ripensandoci una condizione sufficiente esiste, ma piuttosto tautologico e
dubito di poca utilita' (ammesso che tu non l'abbia gia' trovato).

Data una n-forma chiusa \omega puoi testare la sua esattezza nel modo
seguente:
1. Scegli dei generatori dell'ennesimo gruppo di omologia a coefficienti
reali
2. Scegli per ogni generatore un ciclo che lo rappresenta
3. Integra la forma sui cicli scelti. Se risulta essere sempre 0, allora il
fatto che l'integrale definisce un isomorfismo tra il dule dell'omologia e
la coomologia implica che la classe di coomologia di \omega e' zero

ex-m

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Tetis
2006-10-11 10:13:05 UTC
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Post by ex-matematico
Post by Tetis
I) Quale condizione è sufficiente?
Intendi dire: esiste una condizione piu' debole dell'annularsi del secondo
numero di Betti che assicura l'esistenza di un potenziale?
Post by Tetis
II) Come si trova in pratica la forma primitiva?
Integrando come si imparava nei corsi di Analisi al biennio (vedi Giusti).
Ma immagino che tu cerchi qualche trucco e su questo proprio non so
aiutarti.
Cercavo un metodo per risovere questi sistemi di C(N,m) equazioni
differenziali del primo ordine in C(N,m-1) funzioni incognite ed in cui
compaiono mC(N,m) derivate parziali, che risultasse anche intuitivo da
un punto di vista geometrico. Ad ogni modo un poco bisogna
farsi furbi, allora ho pensato che dato che mi bastava vedere se almeno
esiste una soluzione, non trovarle tutte, e sfruttare che gli spazi di forme
sono spazi vettoriali come hai messo in evidenza. Ragiono inizialmente
in uno spazio R^n, dove per ragioni topologiche so che la serie di Betti è
una serie di zeri, quindi per il teorema di De Rham risulta che
effettivamente
abbiamo tante forme chiuse quante forme esatte (dimensionalmente e quindi
insiemisticamente parlando) Se lo spazio delle forme chiuse coincide, in
dimensione, con lo spazio delle forme esatte è sufficiente trovare una base
di forme chiuse che sono esatte. Ho pensato, per semplicità, di considerare
la base delle forme chiuse di tipo monomiale. Basta mostrare che queste sono
anche esatte. Questa intuizione discende da un'astrazione dell'esempio che
facevo nelle mail precedenti. Infatti abbiamo che se una forma è di tipo
monomiale
risulta semplicemente indipendente dalle coordinate che non compaiono nella
forma alternante. Trovare la primitiva di una tale forma è più semplice.


Allo scopo basta costruire furbamente una somma di monomi
che ricostruisca la forma e per questo basta in effetti il teorema
fondamentale
del calcolo integrale. Su questa base mi sembra a posto il fatto che uno
spazio
topologico poco interessante come R^n ha tutte le carte in regola perchè si
possano identificare le forme chiuse con le forme esatte. Se non ci fosse la
dualità di De Rham ne avremmo in questo modo semi-diretto un primo indizio.
A questo punto non resta che ricondurre una generica forma chiusa ad una
combinazione lineare di forme del tipo specificato. In altre parole si
tratta di
trovare un sistema di coordinate che "pettinano" la forma differenziale.
Il teorema di De Rham garantisce che esistono. Da un punto di vista tecnico
si tratta di ricondurre il sistema alle derivate parziali ad un certo numero
di
sistemi complementari di equazioni differenziali ordinarie alle
caratteristiche,
questi sistemi dovrebbero generare il giusto sistema di coordinate a patto
che
il campo differenziale non abbia singolarità che impediscono il
prolungamento
globale delle soluzioni locali. Forse esiste un modo più semplice ma se c'è
al momento mi trovo con i paraocchi. Grazie comunque per il contraddittorio
e
l'indivito alla semplicità, facendomi pensare al libro di Giusti mi hai
effettivamente
instradato.
Post by ex-matematico
ex-m
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
ex-matematico
2006-10-11 14:26:08 UTC
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Ho pensato, per semplicità, di considerare
Post by Tetis
la base delle forme chiuse di tipo monomiale. Basta mostrare che queste sono
anche esatte.
Se i numeri di Betti sono zero, allora la cosa e' automaticamente
soddisfatta. Inoltre mi stupisce che delle forme monomiali risultino chiuse
a meno di essere in dimensione massima...
Post by Tetis
Allo scopo basta costruire furbamente una somma di monomi
che ricostruisca la forma e per questo basta in effetti il teorema
fondamentale
del calcolo integrale. Su questa base mi sembra a posto il fatto che uno
spazio
topologico poco interessante come R^n ha tutte le carte in regola perchè si
possano identificare le forme chiuse con le forme esatte. Se non ci fosse la
dualità di De Rham ne avremmo in questo modo semi-diretto un primo indizio.
Non capisco cosa intendi dire, ma forse e' solo perche' non so cosa intendi
come dualita' di de Rham.


Forse esiste un modo più semplice ma se c'è
Post by Tetis
al momento mi trovo con i paraocchi. Grazie comunque per il
contraddittorio
Post by Tetis
e
l'indivito alla semplicità, facendomi pensare al libro di Giusti mi hai
effettivamente
instradato.
A proposito, tu che hai tempo, potresti riguardarti sul Giusti la
dimostrazione del lemma di Poincare' (se non ricordo male per aperti
stellati) nel capitolo sulle forme differenziali. Se ti va bene la
dimostrazione e' costruttiva. Io purtroppo non ho il tempo ne' la
possibilita' di riguardarmi queste cose perche' per lavoro sono costretto a
girare per l'Europa e cosi' devo andare a memoria.

Saluti da Monaco,
ex-matematico

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Tetis
2006-10-11 17:59:52 UTC
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Post by Tetis
Ho pensato, per semplicità, di considerare
Post by Tetis
la base delle forme chiuse di tipo monomiale. Basta mostrare che queste
sono
Post by Tetis
anche esatte.
Se i numeri di Betti sono zero, allora la cosa e' automaticamente
soddisfatta. Inoltre mi stupisce che delle forme monomiali risultino chiuse
a meno di essere in dimensione massima...
2xdx = d(x^2) in R^3 è chiusa ed esatta.
I numeri di Betti di R^n sono tutti nulli.
Post by Tetis
Non capisco cosa intendi dire, ma forse e' solo perche' non so cosa intendi
come dualita' di de Rham.
Intendo il teorema di de Rham + il teorema che stabilisce dualità fra
gruppi di coomologia delle forme su varietà ed i gruppi di omologia
simpliciale sulle varietà.
Post by Tetis
A proposito, tu che hai tempo, potresti riguardarti sul Giusti la
dimostrazione del lemma di Poincare' (se non ricordo male per aperti
stellati) nel capitolo sulle forme differenziali. Se ti va bene la
dimostrazione e' costruttiva.
Non so nelle nuove edizioni, o nelle appendici, o nell'eserciziario, ma
Giusti considera le forme differenziali semplici le 1-forme. Non
mi sembra che dimostri il lemma di Poincaré. Però l'ho trovato
su un altro libro che avevo consultato a proposito di fasi di
Berry e di potenziali vettori ed effettivamente alcuni passaggi
somigliano alle formule che avevo trovato. Ora però mi piacerebbe
meglio capire come si fa a costruire la forma differenziale. R^n è
un dominio stellato.
Post by Tetis
Io purtroppo non ho il tempo ne' la
possibilita' di riguardarmi queste cose perche' per lavoro sono costretto a
girare per l'Europa e cosi' devo andare a memoria.
Saluti da Monaco,
ex-matematico
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ex-matematico
2006-10-11 22:01:25 UTC
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Post by ex-matematico
Post by Tetis
Ho pensato, per semplicità, di considerare
Post by Tetis
la base delle forme chiuse di tipo monomiale. Basta mostrare che queste
sono
Post by Tetis
anche esatte.
Se i numeri di Betti sono zero, allora la cosa e' automaticamente
soddisfatta. Inoltre mi stupisce che delle forme monomiali risultino
chiuse
Post by Tetis
a meno di essere in dimensione massima...
2xdx = d(x^2) in R^3 è chiusa ed esatta.
I numeri di Betti di R^n sono tutti nulli.
Ovviamente hai ragione tu. Sto proprio cominciando ad arrugginire :-(

ex-matematico

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Tetis
2006-10-12 14:28:56 UTC
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Post by ex-matematico
A proposito, tu che hai tempo, potresti riguardarti sul Giusti la
dimostrazione del lemma di Poincare' (se non ricordo male per aperti
stellati) nel capitolo sulle forme differenziali. Se ti va bene la
dimostrazione e' costruttiva.
Eureka. Ho quasi capito la dimostrazione di Arnold del lemma di
Poincaré. E' molto istruttiva perché basata sugli argomenti geometrici
primitivi che generalizzano la costruzione della primitiva di una uno
forma che andavo cercando e fa ricorso al teorema di Stokes.
Per dire di averla compresa dovrò riuscire a spiegarla. Fra l'altro
ho notato che il carattere "noto" delle quantità combinatorie coinvolte
nel numero di equazioni, è del tutto naturale. Io conoscevo già quei
numeri che venivano fuori come numeri simplettici ovvero i numeri
che si costruiscono per generalizzazione dai numeri lineari, triangolari,
piramidali. Inoltre Arnold sfrutta essenzialmente la dualità fra
coomologia di forme ed omologia simpliciale e riduce, mediante
il teorema di Stokes la dimostrazione dell'esistenza di una k-1 forma
primitiva alla circostanza che il bordo della superficie laterale di
un (k)-simplesso costruito su un (k-1) simplesso è il (k-1) simplesso
iniziale. Quindi in una ulteriore riga scrive la forma esplicita della
primitiva. Era quella riga che non mi riusciva di intendere. Dopo
aver fatto i conti a mano nel caso dei monomi chiusi mi è riuscito
quasi immediato riconoscerne il significato.


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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
ex-matematico
2006-10-13 06:39:09 UTC
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Inoltre Arnold sfrutta essenzialmente la dualità fra
Post by Tetis
coomologia di forme ed omologia simpliciale e riduce, mediante
il teorema di Stokes la dimostrazione dell'esistenza di una k-1 forma
primitiva alla circostanza che il bordo della superficie laterale di
un (k)-simplesso costruito su un (k-1) simplesso è il (k-1) simplesso
iniziale.
Questo mi confonde non poco. Le dimostrazioni che conosco io di esistenza di
una dualita' tra omologia simpliciale (a coefficienti reali) e coomologia di
de rham richiedono il lemma di Poincare', da intendersi nel modo seguente:
ogni forma chiusa su R^n e' esatta. A questo punto mi sfugge la logica della
dimostrazione.

ex-matematico

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Tetis
2006-10-15 00:23:43 UTC
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Post by Tetis
Inoltre Arnold sfrutta essenzialmente la dualità fra
Post by Tetis
coomologia di forme ed omologia simpliciale e riduce, mediante
il teorema di Stokes la dimostrazione dell'esistenza di una k-1 forma
primitiva alla circostanza che il bordo della superficie laterale di
un (k)-simplesso costruito su un (k-1) simplesso è il (k-1) simplesso
iniziale.
Questo mi confonde non poco. Le dimostrazioni che conosco io di esistenza di
una dualita' tra omologia simpliciale (a coefficienti reali) e coomologia di
ogni forma chiusa su R^n e' esatta. A questo punto mi sfugge la logica della
dimostrazione.
D'accordo, hai ragione, mi sono espresso in modo inesatto:
non ti serve il lemma di Poincaré per
sapere che il bordo di un cono costruito su un k-1 simplesso è
una k varietà il cui bordo è il k-simplesso di partenza. A
questo punto applichi Stokes e sai che l'integrale sul cono
della k-forma chiusa, non dipende dalla scelta arbitraria
dell'origine. Arnold allora afferma: l'integrale della k-forma
sul cono è uguale all'integrale sul suo bordo di una k-1 forma
che è la primitiva della k-forma di partenza.

La dimostrazione di quest'ultimo passo è la seguente: dato
un k-1 sistema di vettori nei pressi di un punto consideriamo
il bordo dell'iperparallelepipedo formato da questi vettori,
\int_0,1 (\omega(tx,te1,te2,...te_(k-1))) dt è una k-1 forma funzione
del punto x applicata sui vettori e1,...,e_(k-1). Per linearità
si dimostra che l'integrale sul bordo del parallepidedo formato
da questi k-1 vettori di tale forma è esattamente pari, per definizione,
all'integrale della forma \omega sul bordo. Che il differenziale
esterno di questa forma coincida con la forma \omega segue
oltre che dall'intuizione geometrica di Arnold, dalla esplicita
valutazione (che Arnold invita ad effettuare) del differenziale
esterno.

Quello che io avevo controllato è che il differenziale esterno
dell'integrale da zero ad uno di
Sum_l=1^k (@_il [omega(tx)_(i1,...,ik) dx^(i1) ^...^dx^(ik)]) t^(k-1)
dove @_i è la derivata formale che sostituisce il differenziale
dx^il con (-1)^l, insieme alla condizione che omega è chiusa
uguaglia la forma iniziale. In effetti avevo controllato solo nel caso
che la forma consistesse di un sol termine, ma la convinzione
di Arnold mi ha spinto a verificare che quello che era sufficiente
era la condizione di chiusura.

Arnold lascia i vari passaggi per esercizio, nel libro, che risale
al 1978, come prima stesura, di metodi matematici per la fisica.
Quando dicevo che Arnold sfrutta la dualità fra coomologia ed
omologia, intendevo che per dimostrare che esiste z in modo
che dz = \omega parte dall'identità simpliciale valida:
@s = 0: @ks + ***@s = s.
Dove con k indica la costruzione di un cono con bordo s. La quale
identità ha il corrispettivo nel fatto che risulta una simile identità in
forma differenziale quando andiamo a verificare il lemma di
Poincaré, come lo dimostra, ad esempio, un altro libro che avevo
consultato ed in cui il significato geometrico appare meno trasparente.

Infatti si tratta di questo: la mia ricostruzione di una primitiva per
la forma differenziale elementare è una trasformazione ben posta
della forma differenziale \omega. Se chiamiamo k questa trasformazione
e d il differenziale risulta che dk\omega + k d\omega = \omega questa
identità. E questo dovrebbe essere, appunto, la forma duale che deriva
dal lemma di Poincaré, della identità simpliciale di cui sopra,
risulta in effetti che il calcolo simpliciale di Alexandrov per i simplessi,
ed il calcolo differenziale di Cartan sono strutturalmente corrispondenti,
in modo che se uno ha verificato la formula simpliciale suggerita da
Arnold automaticamente va a verificare la formula relativa a differenziali
ed integrali, almeno di questo mi ero convinto dopo avere letto in
qualche settimana e di corsa le parti salienti al riguardo del libro di
Arnold
del libro di Hilbert geometria intuitiva con la sezione finale di Alexandrov
e
del libro di analisi due di Prodi. Mi ero ripromesso
che un giorno o l'altro avrei voluto verificare i dettagli di questa
intuizione
e scrivere esplicitamente la formula per la primitiva di una forma chiusa.
Diciamo che adesso ho svolto un passo in più rispetto a quel proposito.
Post by Tetis
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ex-matematico
2006-10-15 09:30:29 UTC
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E questo dovrebbe essere, appunto, la forma duale che deriva
Post by Tetis
dal lemma di Poincaré, della identità simpliciale di cui sopra,
risulta in effetti che il calcolo simpliciale di Alexandrov per i simplessi,
ed il calcolo differenziale di Cartan sono strutturalmente corrispondenti,
Aggiungo che proprio questa "dualita'" e' alla base del processo di
discretizzazione delle varieta' 1-connesse compatte iniziato da Sullivan di
cui abbiamo discusso qualche mese fa. Come primo passo infatti Sullivan
definisce il concetto di forma differenziale a coefficienti razionali su un
poliedro per poi dimostrare che dato un poliedro 1-connesso X l'algebra di
queste forme differenziale contiene in se' tutte le informazioni necessarie
(modello minimale) per determinare univocamente il dna razionale di X ovvero
i suoi k-invarianti razionali.

ex-matematico

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ex-matematico
2006-10-10 17:16:50 UTC
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Post by Tetis
Circa il disco mi torna, ma io intendevo la circonferenza
in effetti e non mi è chiaro.
Infatti e' perche' ho scritto una cacchiata. Hai ragione tu.

ex-matematico

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Tetis
2006-10-10 15:35:37 UTC
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Correzioni e sintesi delle perplessità.
Post by ex-matematico
Post by Tetis
Se div(B) = 0 allora esiste A tale che rot(A) = B.
Fatte le debite traduzioni nel linguaggio delle forme differenziali tramite
scelta di un orientamento e dualita' di Hodge, quanto dici equivale a dire
che ogni 2-forma differenziale chiusa e' esatta, ovvero che il secondo
spazio di coomologia reale e' zero. La cosa non e' vera in generale.
Anche se alla domanda "quando è vera in generale?" può essere
difficile rispondere formulo alcuni quesiti a partire da esempi.
nel caso R^3, ad esempio kxr = (-y,x,0) ha divergenza nulla
ed è il rotore di (0,0,-(x^2+y^2)/2) Poichè la forma è
univocamente determinata a meno di una forma ulteriore di
differenziale esterno nullo, ad esempio: f(x)dx+f(y)dy+f(z)dz
In generale se il rotore di un campo è nullo allora
si ottiene facilmente la funzione di cui è gradiente
mediante integrale su cammini a partire da un punto in cui
la forma primitiva è stata fissata. Nella fattispecie è
semplice: *(-ydx + xdy) = (-y dy^dz - x dx^dz) e l'integrale
da zero ad (x,y,z) di questa forma lungo un cammino
(0,0,0)-(0,0,z)-(x,y,z) è [(-y^2-x^2)/2]dz

Tuttavia credo di aver individuato la difficoltà.
Il teorema di Stokes si applica a forme che hanno
appena una dimensione meno del loro supporto, quindi
in questo caso l'avere in effetti trovato la forma
il cui rotore vale la forma di partenza è fortuito.
In effetti l'integrale non è indipendente dal cammino.
Basta osservare che lungo il cammino:
(0,0,0)-(x,y,0)-(x,y,z)
vale:

z(-ydy-xdx)+[(-y^2-x^2)/2]dz

il cui differenziale esterno non corrisponde alla forma
di partenza ed anzi vale zero.

div(a)=*d*(a)=0, questo
implica d(*a)=0 *a è una due forma e quindi se considero
un 3-dominio M in R^3 compatto trovo che \int_dM (*a) =
\int_M d(*a)=0 ovvero, quello che il teorema di Stokes
dice è che l'integrale in un 2-dominio è indipendente
dal bordo, non che l'integrale lungo un 1-path è indipendente
dal path.

Motivo per cui ammesso che la primitiva di *a esista non
è così semplice trovarla dall'integrale di *a lungo un
path. Ecco dove mi ero tratto in inganno da me medesimo.
Quindi la domanda è quale è la condizione per la quale
una 1-forma indivergente ammette espressione come rotore
di una 1-forma?
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